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Non è la prima volta, e purtroppo non sarà nemmeno l’ultima. Quando non si hanno più argomenti per giustificare l’ingiustificabile, la strategia è sempre la stessa: cambiare discorso, deviare l’attenzione, buttare la palla in tribuna.
È esattamente ciò che stanno facendo i partiti politici ticinesi e i loro rappresentanti di fronte al massacro quotidiano a Gaza. Dopo qualche parola di circostanza, il solito teatrino ipocrita: “siamo tutti preoccupati”. Poi subito il cambio di bersaglio: non più il genocidio in corso, ma i manifestanti, accusati di antisemitismo, violenza, estremismo. Una manovra squallida e codarda, utile solo a screditare chi ha il coraggio di denunciare i crimini, e a coprire le proprie vergogne.
Il problema reale – che questi partiti e il Consiglio Federale si guardano bene dall’affrontare – è l’assoluta subalternità della Svizzera di fronte al governo israeliano. Al massimo, qualche dichiarazione tiepida e “omeopatica” di dispiacere, tanto per salvare la faccia. Nessuna volontà politica di condannare apertamente Tel Aviv, nessuna rottura dei rapporti diplomatici, economici e militari. In poche parole: complicità piena.
Di questo, però, non si parla. Molto più comodo e vile concentrare l’attenzione sugli “eccessi” dei manifestanti. È il solito copione di chi difende i carnefici e accusa le vittime. Vergogna!
Pur avendo espresso dubbi e timori sulle conseguenze della riforma fiscale votata lo scorso giugno, i sindaci delle maggiori città non avevano osato invitare cittadine e cittadini a votare NO.
Ora invece, stranamente ma non troppo, intervengono con decisione per spingere al NO sulle due iniziative legate ai premi di cassa malati in votazione il 28 settembre.
Naturalmente dichiarano di “comprendere” le iniziative, ma loro “ragionano” unicamente in termini finanziari per i Comuni, arrivando a minacciare aumenti del moltiplicatore comunale. Una posizione che ricalca in pieno gli scenari catastrofisti diffusi dal ministro Vitta.
Sorprende che a guidare il fronte vi sia proprio il sindaco PS di Bellinzona, che non sembra aver riflettuto sull’opportunità di astenersi da questa sceneggiata. Se lo avesse fatto, avrebbe compreso che, anche con un eventuale aumento delle imposte comunali, il saldo tra minor premio di cassa malati e maggior carico fiscale resterebbe positivo per la stragrande maggioranza delle famiglie ticinesi.
È quanto i vertici del suo stesso partito stanno cercando di spiegare a tutte e tutti, per contrastare gli argomenti di coloro che si oppongono all’iniziativa 10%.
Ma se l’uomo di punta del PS negli esecutivi ticinesi, e per di più nella capitale, finge di non capire, la battaglia si complica.
Un episodio che dimostra come il problema della sinistra negli esecutivi non riguardi soltanto la consigliera di Stato, ma sia un problema politico più ampio sul quale bisognerebbe cominciare a riflettere seriamente.
Il 28 settembre si voterà sull’iniziativa che limita al 10% i premi di cassa malati. Il costo stimato è di 300 milioni, ma questi soldi oggi li pagano già i due terzi delle famiglie ticinesi, con premi superiori al 10% del reddito.
Gli oppositori agitano lo spettro di tagli alla spesa pubblica o forti aumenti delle imposte (ha iniziato le danze il ministro Vitta minacciando un aumento del 20%); ma omettono un fatto semplice: i soldi ci sono e si possono reperire chiedendo un contributo a chi ha accumulato immense ricchezze mentre salari e redditi della maggioranza stagnavano.
I patrimoni dichiarati da alcune decine di super-ricchi (con più di 100 milioni di patrimonio) ammontano a 35 miliardi: basterebbe meno dell’1% per reperire i 300 milioni necessari. Un prelievo simbolico sui patrimoni superiori ai 100 milioni è poca cosa rispetto agli interessi e dividendi che fruttano ogni anno senza alcun lavoro. Altro che catastrofi: sul nostro territorio vi è sufficiente ricchezza per farla finita con premi di cassa malati ormai, e da tempo, insopportabili.
Votiamo quindi SÌ all’iniziativa sui premi di cassa malati (10%) senza alcuna paura il prossimo 28 settembre.