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Non perdono occasione i responsabili del Centro di competenze tributarie della SUPSI per ribadire, sulla base dei loro studi, che il cantone Ticino sarebbe una specie di inferno fiscale, uno Stato vampiresco che non lascerebbe nemmeno un soldo in tasca ai cittadini.

 E, cosa ancora più grave ai loro occhi, sarebbero i contribuenti più agiati a subire le conseguenze di questo fisco vorace.

A loro si è rivolto il governo per il famoso studio (autore il “creatore” del centro, il professor Marco Bernasconi) dal quale sono nate proposte di sgravi fiscali per gli alti redditi; da loro è venuta l’allarme sulla scarsa attrattività fiscale di cui soffrirebbe il nostro cantone nei confronti degli alti redditi; e sempre da loro arriva ora l’esigenza di procedere ad una limitazione della tassazione comunale e cantonale sulla sostanza. Motivo: in molti casi le imposte gravanti sulla sostanza supererebbero la normale resa del capitale, andando così ad intaccare il patrimonio. Da qui una proposta di limitare al massimo l’incidenza dell’imposta cantonale (1,5%o) sulla sostanza.

A farsi portavoce di questa nuova “proposta della SUPSI” è il Corriere del Ticino in un articolo degli scorsi giorni, nel quale si illustra nel dettaglio studio (e relativa proposta) formulata da Samuele Vorpe, docente-ricercatore presso il Centro di competenze tributarie della SUPSI.

Non dubitiamo che, in piena campagna elettorale, questa proposta possa trovare, presso tutte le sponde politiche, grandi sostenitori, desiderosi di mettersi in luce presso quelli che si presumono essere i ceti proprietari sottoposti a queste terribili vessazioni fiscali.

Se una tale proposta venisse realizzata a beneficiarne, ci ricorda l’articolista del Corriere, sarebbero ” diverse categorie di contribuenti, compresi coloro che ottengono proventi esigui dalle loro sostanza”, anche se deve ammettere, bontà sua, che, per effetto della progressione delle aliquote, “a beneficiarne sarebbero soprattutto le persone che dispongono di sostanze importanti. La perdita (tra Cantone e Comuni) è stimata attorno ai 20 milioni di franchi all’anno: con i tempi che corrono una vera legnata.

Ma al di là delle concessioni del nostro articolista, il carattere classista di una simile proposta, d’altronde in linea con gli orientamenti difesi dal centro di competenze tributarie della SUPSI, emerge dando una semplice occhiata alla stratificazione delle sostanza netta dei contribuenti ticinesi.

Lo abbiamo fatto proprio sull’ultimo numero di questo giornale, perciò ci limitiamo a riportare quello che avevamo scritto: ” Nel 2004 il Cantone Ticino contava 213’660 contribuenti. Di questi 147’623 (cioè circa il 70%) dichiaravano un patrimonio netto inferiore ai 100’000 franchi, arrivando così a totalizzare il 12% di tutta la fortuna dichiarata. Sempre nello stesso anno, sull’altro fronte, 10’879 contribuenti von un patrimonio superiore ai 500’00 franchi (cioè il 5,5%) dichiaravano di possedere il 53% di tutta la fortuna dichiarata.

Le cose non cambiavano di molto nel 2007 per quel che riguarda i contribuenti con un patrimonio inferiore ai 100’000 franchi: erano circa il 71%. Tuttavia le cose stavano un po’ diversamente nella parte alta della classifica. I più ricchi (quelli con un patrimonio netto superiore ai 500’000 franchi) erano il 7,16% (non molti di più rispetto al 5,5% del 2004): ma, insieme, possedevano il 69% di tutto il patrimonio, un balzo del 15% rispetto alla rilevazione precedente.”.

L’esempio riportato per illustrare il problema prendeva in considerazione un patrimonio netto di 600’000 franchi: una condizione che tocca, come abbiamo visto, poco più del 7% della popolazione. Nei confronti dei quali andrebbe proposta una diminuzione fiscale dell’imposta sulla sostanza. Una vera e propria lotta di classe fiscale.