L’ampia mobilitazione dei salariati del settore pubblico, appoggiati da larghe frange di lavoratori del privato, ha conosciuto una svolta attorno al 10 marzo.
Mercoledì 10 marzo, alla sera, i repubblicani del governo di Scott Walker hanno modificato il progetto di decreto di legge che concerneva sia le questioni relative al bilancio dello stato, i salari e i contributi sociali (assicurazione malattia, pensionamento), sia il diritto di negoziazione dei sindacati. Infatti hanno eliminato dal progetto di decreto legge quella parte che intendeva tagliare le risorse finanziarie dei sindacati. E grazie a questa manovra legislativa (in tutto poco più 8 pagine sulle oltre 140 del progetto di legge) hanno potuto far discutere la legge in Senato pur non disponendo del quorum. Quorum mancante, come noto, poiché 14 senatori democratici avevano abbandonato il Wisconsin cercando in questo modo di ostacolare l’iter legislativo del progetto.
Di fronte a questo vi è stata una pronta reazione e migliaia di manifestanti sono affluiti, giovedì 10 marzo al mattino, davanti al palazzo del governo, il Campidoglio. Una parte dei manifestanti hanno direttamente invaso l’edificio. La polizia è subito intervenuta per farli evacuare. Durante il pomeriggio, l’assemblea legislativa ha adottato il documento così come era stato presentato, nella sua forma ridimensionata. A questo punto era evidente che tutte le procedure legali tese a bloccare l’approvazione della legge dovevano considerarsi falliti. Ed infatti la legge entrerà in vigore il prossimo 25 marzo.
È vero che Scott Walker ha fatto marcia indietro sulle migliaia di licenziamenti annunciati. Ma egli conta infatti sulla partenza in prepensionamento di una serie di lavoratori anziani, che preferiscono abbandonare il lavoro e “prendere possesso” adesso di una rendita pensionistica per il momento ancora sicura. D’altronde, il New York Times sottolineava come la mancata sostituzione dei partenti in pensione ridurrà massa salariale, come si era già potuto constatare nello Stato dell’Indiana.
Secondo diverse fonti, la manifestazione di sabato 12 marzo, seguita alla approvazione definitiva della legge pochi giorni priva, è stata caratterizzata da un cambiamento di tono. Il tema dello sciopero generale, su scala statale, era stato molto presente nel periodo precedente. Il 12 marzo,invece, l’orientamento consistente nel contestare l’azione degli otto senatori repubblicani e di Walker sembrava dominare.
I salariati e il movimento sindacale si troveranno ora davanti a nuove sfide, nella misura in cui l’obbligo di negoziare da parte del governo non esiste più: questo malgrado una mobilitazione durata tre settimane e un’ampiezza vista raramente.
La stessa partecipazione alla manifestazione del 12 marzo indica che il potenziale di lotta resta alto, sia con la presenza di sindacalisti dei servizi pubblici o quella del settore privato. C’erano anche rappresentanti di altri Stati e persino una delegazione di contadini. Gli insegnanti restano all’avanguardia del movimento, un settore a forte rappresentanza femminile. Tra i discorsi, va ricordato quello dell’attrice Suzan Sarandon che ha affermato: “Questa non è una dimostrazione. Questo è un movimento…La Costituzione non garantisce ai lavoratori il diritto di formare dei sindacati, di avere condizioni di lavoro sicure o di lavorare meno di 12 ore al giorno. Questi obiettivi devono essere oggetto di una lotta e ottenuti dai lavoratori stessi: entrando in sciopero, sfidando la legge, sfidando anche la giustizia e contando solo su sé stessi.” La presenza dei pompieri, ininterrotta durante tutte le tre settimane della mobilitazione, mostra anche il fallimento della politica di divisione dei salariati del settore pubblico; una politica tentata fin dall’inizio, in particolare attraverso le affermazioni del governatore Walker tese ad accreditare l’idea che polizia e pompieri non erano toccati dal decreto legge.
Evidentemente, in una simile congiuntura, è possibile che settori degli apparati sindacali possano cercare di raggiungere rapidamente un accordo, con lo scopo di ottenere qualche concessione prima dell’entrata in vigore della legge il 25 marzo.
La strategia di mettere in questione l’elezione di certi repubblicani sicuramente mantiene una certa pressione. Ma questa strategia abbisogna di mesi, se non di più, e un eletto non può essere destituito dalle sue funzioni prima che abbia compiuto un intero anno del suo mandato. E` quindi una strategia che decentra la mobilizzazione, e le azioni dirette dei lavoratori, i diversi tipi di mobilizzazione la cui creatività è stata confermata nel corso di più di tre settimane.
Inoltre, diversi militanti sottolineano che eleggere un democratico non è una garanzia che le misure di austerità vengano annullate e che il diritto alla negoziazione collettiva venga completamente ristabilito. Gli esempi di attacchi contro l’assicurazione malattia e le pensioni nel settore pubblico, condotti da democratici negli Stati della California, di New York o dell’Illinois ne sono la conferma.
E` difficile prevedere che cosa succederà nelle prossime settimane. Ma una cosa è certa: migliaia di lavoratori hanno fatto l’esperienza di azioni dirette diversificate. Questo ha modificato la loro concezione dell’azione politica, il loro modo di concepire i rapporti di forza e le modalità di lotta da scegliere, collettivamente, per far fronte agli attacchi contro l’occupazione e i livelli di vita. L’idea di sciopero generale non viene cancellata dalle opzioni tendenti a destituire gli eletti repubblicani. In questo senso, la battaglia del Wisconsin non è terminata.
a cura della redazione della rivista telematica À l’encontre