La «crisi finanziaria» nella quale versa Lugano invita ad alcune riflessioni sul passato e sul presente di questo cantone.
La prima è legata alle istituzioni politiche, siano esse cantonali o comunali. Quanto successo a Lugano ci insegna che la capacità di queste istituzioni, attraverso i loro meccanismi consolidati, di gestire, progettare ed illustrare la situazione di una struttura come un comune di una certa importanza (Lugano è sempre la nona città svizzera per popolazione) sono di fatto assai limitate.
Nello spazio di pochi mesi da città che menava vanto della sua “grandeur”, dei suoi progetti, della sua potenza (al punto da assurgere a “monarchia” sotto l’egida del suo sindaco-re Giudici), Lugano si muove orami sull’orlo del baratro, con minaccia di fallimento, costretta a chiedere una sorta di “elemosina” fiscale al cantone.
Questo cambiamento, tutto sommato assai repentino, di quadro politico ha certo ragioni obiettive (note e non necessario qui richiamare). Ma ha anche responsabilità politiche chiare: in primis in quelle forze politiche che hanno governato la città per decenni quasi in solitaria (a cominciare dal PLR), poi in alleanza con altri (la Lega di Bignasca). Ma hanno pure grandi responsabilità quelle forze politiche, a cominciare dal social-liberali luganesi, che per anni non solo hanno partecipato a questa gestione, ma hanno votato preventivi e consuntivi fino all’ultimo momento senza accorgersi della situazione che si andava creando.
Una seconda riflessione riguarda le possibili soluzioni. Naturalmente qui si è andati sul classico: tagliare, tagliare e ancora tagliare. Quel che sorprende è che a fare questo siano quelle stesse forze politiche (e ci sono tutte) che poche settimane prima hanno con grande scioltezza proceduto all’aumento del moltiplicatore fiscale comunale per i frontalieri portandolo al 100%. In quella occasione, li abbiamo sentiti tutti, proclamare come con questa “semplice” misura si permetteva di portare sollievo alle casse del cantone. Naturalmente dietro questa apparente spiegazione finanziaria vi era al solita motivazione tesa ad individuare nei lavoratori frontalieri il capro espiatorio della propria incapacità. Come dire: una proposta fiscale xenofoba e classista. E solo l’MPS, come forza politica, si è opposta alla stessa.
Ora non può che soprendere che, di fronte ad una “grave” situazione finanziaria come quella di Lugano gli stessi partiti non prendano la decisione di aumentare il moltiplicatore comunale di imposta per tutti i contribuenti come hanno fatto con i contribuenti frontalieri (non è certo questa la nostra posizione, ma la evochiamo per mostrare quanto strumentale sia stato l’atteggiamento di questi partiti). Non dovrebbero nemmeno calcare troppo la mano (arrivare cioè al 100% come hanno fatto con i lavoratori frontalieri): un 93-94% dovrebbe bastare per portare in acque più sicure le finanze di Lugano.
Naturalmente non verrà nessuna proposta in tal senso, troppo difficile a pochi mesi dalle elezioni cantonali.
Persino per coloro (pensiamo ai social-liberali) che hanno sempre difeso il ruolo “progressivo” (e quindi “progressista”) del moltiplicatore di imposta, essendo da anni favorevoli alla sua adozione.