Domanda difficile e di grande attualità. Non certo solo alle nostre latitudini; si tratta in effetti ormai di una domanda che percorre tutta l’Europa, in particolare di fronte al manifestarsi di una crisi profonda dei partiti sociali-liberali e all’emergere di formazioni politico-elettorali (Syriza, Podemos) che sembrano annunciare la possibilità di rilanciare una politica di sinistra.
Anche in Ticino questo dibattito è in queste settimane più che mai di attualità, seppur viziato dalla discussione elettorale; ma anche partendo da questo, pessimo, terreno per tale dibattito possiamo cercare di approfondire la discussione.
Ad aver dato una prima risposta a questo interrogativo è il PS. Di fronte ai deludenti risultati elettorali, di fronte ad una crisi palese di orientamento (basti pensare al dibattito sui bilaterali e sulla libera circolazione), di fronte ad una crisi di direzione senza precedenti, la risposta del suo nucleo dirigente superstite (consigliere di Stato e accoliti) è apparsa chiara: fare un nuovo e deciso passo verso il centro (a destra potremmo dire), lasciandosi alle spalle le ultime scorie, l’ultima zavorra “socialista” e completando il processo verso una organica e totale visione e pratica social-liberale. È quello che hanno fatto i PS europei, dalla Germania alla Francia, dall’Italia alla Spagna. L’idea soggiacente a questo orientamento è che solo in questo modo si possono trovare consensi elettorali, al centro come si dice. Poco importa se gli orientamenti alla base di questo spostamento ulteriore non permettano di dare risposte adeguate ai problemi drammatici che i salariati si trovano a fronteggiare…
Simbolicamente significativo di questo orientamento la candidatura e la brillante elezione di un liberale come Ducry sulle liste PS per il Gran Consiglio. Operazione che avrebbe voluto essere perfezionata e spinta ad un livello superiore (e non è detto che non possa ancora avvenire) con la candidatura dello stesso Ducry per le elezioni agli Stati il prossimo ottobre.
A fornirci un’interpretazione “autentica” di cosa tutto questo significhi è lo stesso Ducry quando, di fronte alle considerazioni fatte dall’MPS sulla sua candidatura, ha osservato che dopo tutto lui è di sinistra (anche più a sinistra della sinistra radicale) visto che è per far pagare le tasse ai milionari, a favore del salario minimo, contro il raddoppio del Gottardo…
Crediamo che questo tipo di ragionamento sia sincero e corrisponda all’immagine stessa che i social-liberali hanno dato e vogliono dare di quel che significa essere di sinistra. In altre parole Ducry non si sente fuori posto perché ai suoi occhi è proprio questa l’idea di sinistra che veicola oggi il PS. E quindi è normale che egli si senta perfettamente a suo agio e “in linea”.
Per lui, per la sua visione e per quella del PS, essere di sinistra non ha nulla a che fare con la contestazione del capitalismo liberale, delle sue strutture economiche, politiche e sociali; non ha nulla a che vedere con il fatto che la nostra organizzazione sociale ( e quindi la nostra vita quotidiana fin nei suoi minimi dettagli) sia retta dalle necessità di valorizzazione del capitale e per nulla dalla necessità di soddisfare i più elementari bisogni sociali (che si devono concretizzare in diritti quali il lavoro, l’alloggio, la formazione, la salute); non ha nulla a che vedere con la necessità di garantire la sopravvivenza di un pianeta ormai ampiamente minacciato nella sua perennità dai disastri ambientali perpetrati in nome del profitto e della redditività del capitale.
In altre parole essere di sinistra non significherebbe in questa visione rimettere in discussione quotidianamente, laddove è possibile e cercando di mobilitare in questo senso cittadini e lavoratori, il capitalismo realmente esistente ed il suo modo di funzionamento, la sua logica oppressiva e distruttiva.
Noi pensiamo, invece, che essere di sinistra significa assumere come bussola del lavoro politico quotidiano un orientamento ed una pratica profondamente anticapitaliste, con l’obiettivo di distruggere un sistema che sta diventando sempre più distruttivo e mortale.Significa pensare ad una società non solo formata da cittadini e cittadine, ma da classi sociali che, anche quando non si manifestano, hanno interessi sociali, economici e politici radicalmente diversi. Significa, in altre parole, assumere come punto di partenza fondamentali il fatto che la lotta tra le classi sociali non è superata, ma si è approfondita, anche se non assume più le forme e i percorsi del secolo scorso.
È da questo punto fermo che deve partire qualsiasi discussione su cosa significa oggi una politica di sinistra. Un esempio per mostrare come non si tratti di slogan, ma di temi concretissimi, a volte apparentemente solo legati all’attualità locale. Prendiamo la questione, concreta, della pianificazione ospedaliera. Alla base degli orientamenti che l’hanno ispirata un chiaro orientamento teso a sottoporre sempre di più la sanità alle regole del mercato, oggetti di una penetrazione sempre più massiccia del capitale alla ricerca di nuovi spazi di valorizzazione.
Elementi fondamentali di questo orientamento le decisioni prese dal Parlamento federale (quelle alle quale fa riferimento Beltraminelli quando ci racconta che “Berna ha deciso”…). Tra queste spiccano l’introduzione del finanziamento delle spese ospedaliere sul principio dell’atto (i famigerati DRG) e il finanziamento pubblico delle cliniche private. Sono questi gli strumenti più importanti con i quali nei prossimi anni il capitale tenterà di riorganizzare in una prospettiva di redditività capitalistica il sistema sanitario svizzero.
Ebbene, perché non siamo sorpresi nello scoprire che, al momento della accettazione di queste misure da parte del Parlamento federale, i rappresentanti del PSS le hanno votate (compresi i consiglieri nazionali PS ticinesi)?
È un piccolo esempio, ne potremmo fare altri (ad esempio: riorganizzazione e privatizzazione FFS e PTT), della logica ormai tutta interna al sistema nella quale si muovono le forze social-liberali.
È da qui che si deve ricominciare una discussione su cosa sia oggi una politica di sinistra, quale sia la bussola che la deve guidare, di quali strumenti e di quali politiche abbia bisogno. Ed è, modestamente, l’interrogativo che abbiamo voluto porre con il nostro annuncio di una candidatura MPS per il Consiglio agli Stati. Al di là della candidatura di Ducry il problema si pone comunque nella sua integralità.