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Questo articolo di Guillermo Almeyra dall’Argentina (ma destinato anche al pubblico messicano de La Jornada su cui compaiono settimanalmente i commenti di Almeyra) è utile anche per noi.

Non ha aiutato la resistenza di Syriza alle pressioni spaventose dell’imperialismo europeo l’atteggiamento saccente di parte della sinistra che ha dato subito per scontato il cedimento di Tsipras.

Per non parlare dei miserabili adoratori del partito comunista greco KKE, che ha aggiunto con la sua presunta equidistanza tra la trojka e il governo di Syriza l’ultima perla a una lunga serie di infamie, dal tradimento dei primi nuclei di resistenza nel 1945 alla collaborazione con la destra di Nea Democratia in più occasioni. Chi vuole documentarsi vada a un sito italiano che riporta settimanalmente le bassezze del KKE: www.resistenze.org.

Segnalo anche, con amarezza, che il portale chavista (e castrista) latinoamericano resumen@nodo50.org , che si occupa spesso di Europa e del mondo ripetendo gli argomenti della propaganda putiniana sul Donbass o sulla Siria, ieri non ha esitato a riportare, senza prendere le distanze, il comunicato con cui il KKE “spiega” perché non invita a votare NO al referendum greco. Evidentemente anche loro, come i “rivoluzionari” del “Fronte di sinistra e dei lavoratori” argentino, non capiscono che il successo dell’attacco alla Grecia incoraggerà i tentativi di “smantellare i governi del Venezuela, dell’Ecuador, del Brasile”… (introduzione di Antonio Moscato)

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Grecia – Prospettive

di Guillermo Almeyra

La cancelliera tedesca, Angela Merker, ha dichiarato: “Se affonda la Grecia, affonda l’euro, affonda l’Unione Europea”. È questo il problema emerso con la minaccia di interruzione del pagamento del debito greco a partire dal 30 giugno. Il governo Tsipras non è anticapitalista, non vuole uscire né dall’euro né dall’UE e, tuttavia, ha respinto con coraggio l’ultimatum dei rappresentanti delle banche tedesche e indetto un referendum sulla proposta di Bruxelles per domenica prossima, suggerendo di rifiutarla ma dichiarandosi disposto ad accettarla se la maggioranza dei greci votasse “sì”, sottomettendosi al ricatto tedesco.

Le banche greche sono chiuse e agli sportelli automatici si possono prelevare solo 60 euro al giorno (tranne per chi possiede carte di credito straniere, per agevolare il turismo); il trasporto è gratuito fino a domenica prossima. C’è già stata una manifestazione a favore del “no” all’ultimatum, cui hanno partecipato dalle varie sinistre fino ai neonazisti e ai diversi nazionalisti, e oggi la destra (che ha contratto il debito) ne farà un’altra per il “sì” e solo dopo questa si potrà confrontare meglio la disponibilità del popolo greco a sostenere o meno il governo Tsipras.

Per il momento, il governo è isolato. La socialdemocrazia – compreso il governo francese – lo ha condannato, sostenendo che sta giocando con il fuoco, e tra i movimenti di massa lo hanno appoggiato – per ora con un sostegno soltanto verbale – lo spagnolo Podemos e il Movimento 5 stelle italiano guidato da Beppe Grillo. Quelli che, come il Fronte di Sinistra e dei Lavoratori in Argentina, ritenevano che Tsipras avesse già “tradito” e tentennato, sicuramente non si mobilitano ora in appoggio alla Grecia, né abbozzano un minimo di autocritica, tutti presi dalla campagna elettorale locale.

Sono ciechi e paralizzati per la stessa ragione che li induce a guardare altrove mentre le oligarchie e l’imperialismo cercano di smantellare i governi del Venezuela, dell’Ecuador, del Brasile. Non capiscono cioè come dei governi borghesi ma nazionalisti possano opporsi al capitale finanziario internazionale e al Dipartimento di Stato, deducendo dalla natura di classe dei governi greco, venezuelano, ecuadoriano, brasiliano, boliviano che siamo di fronte a una lotta intercapitalistica con la quale i lavoratori non avrebbero nulla a che vedere. Non capiscono che un governo borghese, favorevole a una redistribuzione e con un appoggio di massa in base al nazionalismo antimperialista, proprio per questo viene attaccato dal grande capitale e quindi va difeso da questo – e al tempo stesso criticato se cerca di imporre una politica reazionaria. Il nazionalismo dei paesi oppressi non è infatti la stessa cosa di quello dei paesi imperialisti e il governo dittatoriale delle oligarchie filoimperialiste non è la stessa cosa di un governo – non meno borghese – che si basi sulla Costituzione e garantisca un minimo di libertà.

Il governo capitalista e riformista, ma nazional-democratico, di Tsipras ha avviato un processo che potrebbe spingere altri paesi, quali il Portogallo e l’Irlanda, a seguirne l’esempio se la crisi peggiora. L’intera impalcatura dell’Unione Europea e dell’euro, creata dal capitale finanziario a proprio vantaggio, potrebbe crollare aprendo la strada nei paesi più deboli a movimenti nazionalisti, generalmente di destra e xenofobi.

L’attuale situazione europea suscita già una spaventosa sensazione di déja vu e ricorda quella degli anni Trenta, da cui si è usciti con la guerra mondiale, con l’aggravante della debolezza e l’assenza di chiarezza politica della sinistra anticapitalista.

Nell’Unione Europea temono l’uscita della Grecia dall’euro e gli Stati Uniti hanno paura che si disgreghi il loro principale alleato, quello europeo, mentre stanno affrontando Russia e Cina e alcuni paesi europei, come la Francia, l’Italia, l’Inghilterra, cedono all’attrazione della Cina e partecipano alla Banca Asiatica di Investimenti per lo Sviluppo, ed altri dipendono dal petrolio e dal gas russi.

Questa crepa nel fronte imperialista va allargata attraverso un ampio e immediato appoggio al “no” nel referendum della Grecia e la piena solidarietà al popolo greco nella sua resistenza al ricatto tedesco. Una vittoria del popolo greco – ad esempio, una modifica favorevole delle condizioni offerte da Bruxelles per la rinegoziazione del debito – allontanerebbe rischi di fascismo e di guerra, strapperebbe all’estrema destra la bandiera della difesa anzionale, rianimerebbe l’internazionalismo dei lavoratori.

Passività e neutralità sono atteggiamenti criminali. Siamo tutti la Grecia. Vanno costruiti comitati nazionali di sostegno al “no” della Grecia, spiegando che questa decisione interesserà direttamente i lavoratori di tutti i paesi.