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aofficine tpNel recente incontro con un gruppo di parlamentari federali avete attirato l’attenzione sulle difficoltà (vecchie e nuove) che vive l’Officina di Bellinzona. Vuoi brevemente riassumere per i nostri lettori i problemi che si pongono?

Le cose non vanno così bene come sembrano suggerire le istanze delle FFS. Vi sono segnali preoccupanti che provengono da scelte effettuate dalle FFS. Pensiamo, ad esempio, all’improvviso calo di volumi da parte di FFS Cargo; un calo, a nostro avviso, prevedibile poiché una diretta conseguenza della scelta, del tutto arbitraria, di trasferire la lavorazione di un certo tipo di carri merci dalla nostra Officina a quella di Muttenz; oppure pensiamo al forzato blocco carri, sempre da parte di FFS Cargo, resosi necessario, come dichiarato pubblicamente recentemente anche da A. Meyer, per le conseguenze del “franco forte”. Iniziative che hanno già provocato, come appreso dai media, delle disdette di lavoro anticipate di colleghi con contratti a tempo determinato.

Tutto ciò avviene senza che le FFS tengano minimamente conto degli impegni che hanno assunto nei riguardi dell’Officina di Bellinzona (OBe), soprattutto per quanto concerne la garanzia dei volumi di lavoro; impegni che, tra l’altro, sono stati inseriti nella convenzione per il Centro di competenze (CdC).
Una palese dimostrazione che non si può lasciare completamente nelle mani delle FFS la strategia organizzativa e gestionale delle OBe; è necessario continuare a intervenire in modo attivo nella definizione del futuro di questo vulnerabile “bene comune” (già messo a dura prova nel 2008). Non farlo, significherebbe gettare alle ortiche quanto realizzato dal marzo 2008 in poi.
Questo non significa evidentemente mettere in discussione il principio che le officine continuino ad essere un’entità delle FFS; ma piuttosto, come ribadito più volte, si insiste sulla necessità che le Officine debbano, con urgenza, diciamo così, “riassestarsi” (come descritto dapprima dallo studio della SUPSI e poi in quello della BDO), se vogliono inserirsi a pieno titolo nel discorso del Centro di competenze e, indipendentemente da quest’ultimo, non precipitare in una fase di declino produttivo; un declino che purtroppo stiamo già constatando in alcuni settori delle Officine, dove siamo confrontati con un abbattimento delle attività e dei relativi posti di lavoro. Una situazione che pone seriamente a repentaglio – considerata la soglia della “massa critica” di volumi necessari, sulla quale distribuire i costi fissi – la sopravvivenza stessa delle OBe. Bisogna metterselo bene in testa che in questo delicato momento banalizzare la perdita di attività, come quelle preconizzate per il settore carri, significa destabilizzare l’intero assetto produttivo delle OBe, causando un inevitabile e devastante effetto a catena. E affermiamo questo sicuri che difficilmente la dirigenza delle OBe possa smentirci su questo punto: a meno che non sia in grado di presentarci una chiara strategia con un esaustivo e dettagliato “business plan”, su ciò che realmente accadrà (perdita di posti, rapporto tra diretti e indiretti, costi fissi, tariffe orarie, ecc.), con la diminuzione del 25/30% degli attuali volumi di lavoro. Per il momento abbiamo visto solo cifre e conclusioni sommarie, senza avere alcuna precisa indicazione su quali basi oggettive poggiano.
L’impegno che abbiamo assunto dal 2008 in poi – e che ci pareva avessero assunto anche diverse istituzioni politiche – è stato quello di fare in modo che le OBe abbiano un futuro e che spazi e strutture non venissero espropriati dalle OBe per scopi che divergono palesemente da quelli prioritariamente prefissati.
Dunque, il nostro Comitato sta solo cercando sostegno, in modo da poter unire le forze e riuscire a riunire quelle minime condizioni quadro affinché si possa confidare che si stia veramente e coerentemente progettando un futuro credibile per le OBe, con la l’ambizione, viste le potenzialità, di sviluppare l’attuale situazione occupazionale.
Per questo si dovrà prestare la massima attenzione affinché non ci siano, come di fatto sta accadendo, delle premature fughe in avanti, piani di fabbrica (un copia e incolla dell’allora controverso e prontamente contestato studio AREA del 2013) o quant’altro, senza che vi sia prima delineata, dalle FFS in stretta collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori, della direzione del CdC e delle istituzioni politiche locali, una chiara strategia per quanto riguarda la gestione della superficie e delle strutture.
Dobbiamo assolutamente evitare ogni proposta di ridimensionamento delle OBe che, ci preme precisare, non sarebbe d’attribuire esclusivamente, come si vorrebbe far credere, alla concorrenza dall’estero, al rinnovo del parco o all’evoluzione del cambio euro franco (un prezioso capro espiatorio), ma piuttosto a precise scelte strategiche e operative delle FFS nei riguardi delle OBe.
Certo… Giù le mani e lunga vita all’Officina, ma per raggiungere coerentemente questo obiettivo bisogna essere innanzitutto consapevoli del fatto che dobbiamo occuparci tutti, indistintamente, di questo bene comune e non pensare di delegare la tessitura della strategia sul futuro OBe, che si sta ormai delineando unilateralmente tra le ermetiche mura FFS, unicamente alla dirigenza aziendale.
Perseverare con questa idea, dopo quanto accaduto e deciso dal 2008 ad oggi, sarebbe veramente incomprensibile per non dire diabolico. Come sarebbe altrettanto devastante entrare nella logica di porre in subdola concorrenza il tema degli investimenti FFS, inerenti le strutture assolutamente necessarie per la trasversale alpina, a quello legato agli sviluppi occupazionali dell’Officina di Bellinzona.
Questo è in sostanza il breve messaggio lanciato dal Comitato all’indirizzo dei rappresentanti politici incontrati in più occasioni.

 

Quale strategia pensate di porre in atto per cercare di contrastare le intenzioni delle FFS?

Come prima cosa crediamo sia fondamentale raccogliere tutti gli argomenti necessari per dimostrare in modo oggettivo quanto stiamo denunciando, a tutti i livelli (politico istituzionale, ecc.), da più tempo; anche se abbiamo l’impressione, a vedere le reazioni finora raccolte, che l’enorme mole di scritti, documenti, analisi che produciamo in molti casi finiscano per essere semplicemente classificate come “normali” divergenze tra FFS e Comitato Officine.
Successivamente si sta consolidando, nel Comitato, l’idea che sia necessario passare ad un livello superiore e più attivo di denuncia di quanto sta succedendo, per evitare di assumere una posizione ambigua agli occhi di tutti coloro che hanno creduto e che vogliono ancora credere nel futuro delle Officine. Dobbiamo pertanto provvedere ad informare esaustivamente in modo capillare i lavoratori, i membri dell’Associazione “Giù le mani” e tutto il popolo delle Officine, rendendoli consapevoli su quanto sta realmente accadendo all’interno dei circa centomila metri quadrati in cui sorgono le OBe da oltre un secolo. In seguito definire, con la loro indispensabile approvazione, le strategie necessarie per ottenere chiarezza e rispetto degli impegni sottoscritti dalle FFS.

Nei giorni scorsi, con l’insediamento del direttore, prende avvio il Centro di competenze nel settore dei trasporti (CdC). Quali pensi siano i problemi di fondo che, a breve e medio termine, dovrà e dovrebbe affrontare il centro in questa sua fase di avvio?

Anche per quanto riguarda il progetto del Centro di competenze, tutto sembrerebbe procedere per il verso giusto; di fatti, con la nomina del signor Simone Bernasconi nella funzione di direttore, si sono conclusi tutti gli atti formali costitutivi. Ora dunque non si tratta che di cominciare a concretizzare ( e sappiamo che non è cosa certo facile, ma che si può sicuramente realizzare) quanto definito nel progetto e nella Convenzione che ha dato vita al CdC.
Per noi è sempre stato chiaro che le OBe, in tutta la loro integrità, devono inequivocabilmente essere il “volano, l’anima e il fulcro” del Centro di competenze (CdC): una questione per noi essenziale, imprescindibile, senza la quale, a nostro avviso, appare impossibile concretizzare la filiera tecnico-industriale auspicata.
Come detto e ridetto più volte, fino alla noia, le resistenze ad unire i destini di queste due strutture sono da noi interpretate come un palese rifiuto a voler investire nel futuro stesso delle OBe; una posizione che inequivocabilmente risulterebbe, a medio e lungo termine, devastante per gli oltre 500 posti di lavoro.
Gli obiettivi legati alla creazione e all’attività del CdC ( come evidenziato sia dallo studio commissionato inizialmente alla SUPSI sia dal messaggio del Consiglio di Stato del 18 febbraio 2014, per l’approvazione della Convenzione e degli atti costitutivi per il Centro) “vanno ben al di là di un semplice esercizio a difesa e conservazione della situazione esistente. Esse offrono infatti concrete prospettive di sviluppo, non solo per le Officine ma anche per un contesto industriale…”.
Si tratta, come si vede, di termini quali difesa, conservazione e sviluppo, che non hanno nulla a che vedere con quanto invece sembrano prospettare le FFS, sulla base di una logica rigorosamente interna ai propri obiettivi, per il futuro a breve e medio termine dell’Officina di Bellinzona.