Tempo di lettura: 2 minuti

Diciamolo subito: la manovra fiscale e sociale che ci apprestiamo a votare prevede sgravi fiscali per 52 milioni di franchi a beneficio delle grandi imprese e dei contribuenti più facoltosi. Si tratta della misura più pesante che avrà inevitabilmente ripercussioni importanti sulle casse dello Stato e porterà verosimilmente a nuovi tagli sulla spesa sociale.

In cambio ci sarebbero fantomatiche misure sociali che, a detta di sostenitori e sostenitrici della manovra, dovrebbero garantire una migliore conciliazione tra lavoro e famiglia. A ben guardare però le cose non stanno proprio così. Si parla molto del cosiddetto assegno parentale che altro non è che un assegno di nascita di 3.000 franchi per il primo anno di vita del bambino (circa 250 franchi al mese). Una misura che per la sua entità e la sua limitatezza temporale non permette certamente di compensare l’eventuale perdita di salario in caso di congedo e nemmeno liberare tempo per la cura dei figli.
Altre misure sembrano riguardare gli asili nido. Ebbene, non è vero che la manovra prevede un aumento degli stipendi delle operatrici degli asili nido. È vero, è previsto un aumento dei sussidi massimi agli asili nido dal 50% ai 2/3 delle spese, ma questo non significa un aumento automatico degli stipendi, né la legge né il messaggio fanno riferimento, esplicitamente o implicitamente, a questa misura. Già oggi vigono due varianti del regolamento per i sussidi. Il primo prevede il 40% limitandosi a indicare il massimo dei salari sussidiabili per le categorie. Il secondo prevede che questo sussidio possa salire al 43% se vengono rispettati dei salari minimi che vanno dai 3.778 franchi al mese per la responsabile ai 2.905 per il personale non formato. Attualmente l’aumento del sussidio non prevede un nuovo regolamento per gli stipendi. Senza contare che nel messaggio l’aumento della percentuale del sussidio è possibile solo «in funzione del vincolo della disponibilità finanziaria» (pag. 41). Inoltre non è vero che l’accettazione del pacchetto sociale comporterà una diminuzione delle rette. Il rapporto della commissione sul messaggio ha introdotto questa novità di 2,4 milioni quale «sostegno ai servizi e alle strutture per contenimento onere a carico delle famiglie (rette)» a partire dal 2019. Di questo l’unica traccia è l’inserimento nella tabella a pag. 25 del rapporto della commissione e il fatto che abbia un riscontro sulle rette è solo dato dalla indicazione tra parentesi «(rette)». Né articoli di legge, né indicazioni precise segnalano come e quanto andrà (e se effettivamente andrà) ad una diminuzione delle rette. Fino ad oggi, e così sarà anche con la manovra, l’unico riferimento alle rette si trova nella legge sulle famiglie che prevede che il Cantone possa fissare un sussidio pari al massimo al 20% della retta, alle famiglie che già ricevono un sussidio per i premi di cassa malati.
Il tanto osannato pacchetto sociale si traduce in realtà in poca cosa: alcune promesse da verificare e un po’ di aria fritta. Poche cose che comunque non verranno pagate dalle aziende: le cosiddette misure sociali verranno finanziate attraverso una diminuzione delle aliquote sugli assegni per i figli. Se vogliamo veramente promuovere una politica sociale a favore delle donne e delle famiglie bisogna dire no a questa manovra e invertire la rotta in modo drastico.

Opinione pubblicata sul Corriere del Ticino del 5.4.2018.

*Consigliera comunale dell’MPS-POP-Indipendenti a Bellinzona