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Due settimane fa, i lavoratori della Same hanno votato su una ipotesi di accordo aziendale che prevede la riduzione dell’orario di lavoro a 38 ore settimanali, a parità di salario. L’accordo è passato con il 90,5% di consenso. Hanno votato i lavoratori interessati dall’accordo, cioè gli operai a giornata dei reparti produttivi, somministrati compresi, oltre il 50% della forza lavoro. L’accordo è sperimentale e ha una durata di 3 anni, ma è già previsto un confronto dopo i primi sei mesi per una sua possibile estensione a altri reparti. La nostra intenzione è di riuscire a applicarlo a tutti.
Intanto, entro i primi mesi di applicazione, la riduzione dell’orario consentirà un corrispondente aumento della forza lavoro del 5%, cioè 33 lavoratori in somministrazione, scelti tra quelli già in forza e con almeno sei mesi di servizio, saranno assunti a tempo indeterminato. Insomma, lavorare meno, lavorare tutti…

Questo accordo è soltanto un primo passo, ne siamo ben consapevoli, anche perché in Same non si era mai arrivati a un accordo di riduzione dell’orario a parità di salario e in generale, questo tema non appartiene molto alla cultura sindacale della bergamasca (tanto è che Same è uscita da Confindustria prima della firma dell’accordo: i padroni bergamaschi non avrebbero “gradito” la riduzione dell’orario in una delle più importanti fabbriche del territorio e Same, già nel 2003, all’epoca del precontratto, fu messa in mora da Federmeccanica di Bergamo, con sospensione del diritto di voto dagli organismi). È un primo piccolo passo, ma pensiamo che segni una direzione giusta e un obiettivo generale che dovremmo provare a portare avanti. Soprattutto, pensiamo che chi ci rappresenta dovrebbe sostenerla come rivendicazione comune, sia attraverso la contrattazione nazionale che per legge, come è già avvenuto in altri paesi d’Europa, dove l’orario medio non è già più 40 ore a settimana.

Si è arrivati a questo accordo, a fronte della pretesa dell’azienda di applicare la flessibilità prevista dal ccnl dei metalmeccanici. Flessibilità che, da contratto, non avrebbe bisogno del preventivo accordo con la Rsu e può arrivare a a 80 ore annue, con un minimo di 32 a un massimo di 48 a settimana.
In altre grandi aziende si sono fatti accordi sulla flessibilità, concordando una maggiorazione economica più alta delle ore di salita. Noi abbiamo deciso di impostare la trattativa in modo diverso, non chiedendo più soldi ma la riduzione dell’orario. Alla fine il costo aziendale è ben più alto di quello che avrebbero sostenuto con qualsiasi maggiorazione. La nostra convinzione è che, i lavoratori a cui sarà applicato l’accordo ne guadagneranno in migliori condizioni di lavoro. E in migliore qualità della vita. Un fatto importante, visto soprattutto il nostro sistema pensionistico, che è il peggiore in tutta Europa.

L’orario medio settimanale di lavoro sarà 38 ore pagate 40. Normalmente si lavorerà 8,5 ore dal lunedì al giovedì e 4 ore il venerdì. Il venerdì si uscirà alle 12.00, ma chi vorrà avrà comunque il diritto di fermarsi in mensa. Le pause contrattate non subiscono alcuna variazione. Resteranno, come sempre 2 da 15 minuti, una in mattinata e l’altra nel pomeriggio (l’azienda ha provato a sostenere che già questa è una riduzione di orario, ma abbiamo respinto questa logica, perché i 30 minuti di pausa non sono tempo libero a disposizione del lavoratore, ma tempo di recupero, all’interno del posto di lavoro).

All’interno di questo schema ordinario di lavoro (lun-giov h 7.30-17.00 e ven h 8-12), con un preavviso di almeno 5 settimane alla Rsu, l’orario può variare da 34 a 42 ore, sempre e solo dal lunedì al venerdì.

Durante le fasi di salita (42 ore a settimana invece delle 48 previste dal ccnl) si lavorerà 8 ore il venerdì; durante le fasi di discesa (34 ore a settimana), il venerdì sarà libero a 0 ore. Non si lavorerà mai il sabato e la domenica e la fase di salita a 42 ore non potrà mai avvenire durante il periodo più caldo, quando le condizioni di lavoro sono peggiori (da metà giugno a tutto agosto). Sia in salita (lun-giov h 7.30-17.00 e ven h 8-17) che in discesa (lun-giov h 7.30-17.00 e ven libero) la retribuzione sarà sempre quella ordinaria: 38 ore pagate 40. Le fasi di salita e discesa dovranno essere recuperate nei 12 mesi successivi e eventuali assenze normalmente coperte da Inail e Inps non influiranno sul recupero, venendo registrate come assenze normali rispetto all’orario di lavoro di quel momento.

L’orario sarà sempre applicato per l’intero reparto, mai individualmente, tanto nelle fasi di salita che in quelle di discesa.

Le ore complessive di flessibilità a disposizione dell’azienda sono circa la metà delle 80 previste dal ccnl: poco più che 40 ore annue calcolate sul normale orario a 40 ore settimanali. In più, l’accordo ferma la possibilità di utilizzo da parte dell’azienda delle 80 ore di straordinario collettivo previste sempre dal ccnl.

In sintesi, rispetto alla flessibilità del ccnl, l’accordo prevede meno ore (circa la metà), il divieto al lavoro di sabato e domenica, le fasi di salita non possono superare le 42 ore invece che le 48 (e non possono mai essere fatte d’estate), niente straordinario collettivo e soprattutto è ridotto l’orario a parità di salario: 38 ore medie a settimana equivalgono a 13 giornate intere in meno di lavoro all’anno.

La scommessa è stata quella di provare a limitare l’utilizzo della flessibilità prevista dal ccnl, non chiedendo la monetizzazione di un disagio che riteniamo intollerabile, come per esempio, lavorare dal lunedì al sabato 8 ore nelle fasi di salita durante i mesi caldi. Abbiamo scelto, invece, di porre dei vincoli di utilizzo (mai oltre 42 ore a settimana, mai sabato e domenica, mai d’estate) e ottenere in cambio la riduzione dell’orario medio a parità di salario e l’assunzione di 33 lavoratori a tempo a tempo indeterminato.

È soltanto un passo, ma per noi è stato anche il modo di dare seguito alla valanga di NO (oltre il 90%) con cui in Same è stato bocciato il ccnl a dicembre del 2016.

Per ora Same è dovuta uscire da Confindustria. Noi, già pensiamo alle 35 ore…