2002, il terremoto con Jean-Marie Le Pen qualificato al 2° turno delle elezioni presidenziali. Da allora, le scosse di assestamento hanno continuato ad essere sempre più forti. Nel giugno 2024, l’estrema destra è a un ultimo passo verso il potere. Dieci anni fa avevamo scritto un testo intitolato “Ultima fermata prima del macello” come introduzione a “Contre le fascisme” una raccolta di scritti di Trotsky sugli anni ’30.
Il terremoto si era già verificato nel 2002, quando Jean-Marie Le Pen si era qualificato al secondo turno delle elezioni presidenziali con il 17,5%. Le scosse di assestamento hanno continuato a diventare sempre più forti fino al giugno 2024, quando l’estrema destra è all’ultimo passo dal potere.
Quando nel 2015 avevamo pubblicato “Contre le fascisme” (1), quasi dieci anni fa, nella nostra introduzione (“L‘ultima stazione prima del macello” (2)), avevamo ovviamente contestualizzato gli scritti di Trotsky nel periodo tra le due guerre, un periodo in cui egli invitava a lottare contro un fenomeno senza precedenti, il fascismo, anticipando anche la marcia verso la guerra e, visionario, annunciando già nel 1938 lo sterminio degli Ebrei.
Ma per noi non si trattava solo di un ragionamento storico. Dovevamo fare luce sul presente, mostrando le continuità tra i fascismi di ieri e quelli di oggi, nonostante i nuovi abiti che hanno indossato. Ora guidano 4×4 (p. 56) e, dato che per arrivare al potere devono passare attraverso le elezioni e mostrare le loro credenziali dichiarando che ora sono “democratici”, indossano gli stessi panni degli uomini e delle donne che si trovano nei gabinetti ministeriali e nelle direzioni aziendali.
Alla fine diventano “rispettabili” e, a forza di travestimenti da un lato e dall’altro approfittando dei vicoli ciechi del neoliberismo di governo e del crollo delle forze politiche tradizionali, riescono a convincere la popolazione. Alla vigilia delle elezioni parlamentari francesi, molti padroni, grandi e piccoli, si sono dichiarati pronti a tentare l'”esperimento”. Si promette di ridurre le imposte e i contributi sociali (ingiustamente chiamati “oneri”), ma anche a ristabilire l’autorità. Naturalmente, il RN e i suoi alleati non dicono di voler vietare i sindacati, ma, semplicemente, di limitarne la libertà d’azione (spiegando che essi non devono “fare politica”) in particolare limitando il diritto di sciopero, soprattutto nei servizi pubblici.
Avevamo spiegato come, nella formazione sociale del XXI° secolo, l’ex piccola borghesia di artigiani, commercianti, professionisti e agricoltori, che aveva costituito la base di massa del fascismo negli anni Trenta, abbia visto ridursi la propria presenza di fronte all’ascesa della classe dei salariati, cioè del moderno proletariato di operai, impiegati, tecnici e dirigenti. Ma il declassamento percepito da alcuni di questi salariati, che vengono confusamente chiamati “classe media” per separarli dalla loro stessa classe, li ha resi un terreno di coltura ideale per la “peste bruna”. Il nuovo fascismo vuole che questi lavoratori prendano d’assalto le fortezze dei “privilegiati”, che nel loro linguaggio significa dipendenti pubblici, lavoratori statali e stranieri che avrebbero diritto a “tutto”: case popolari, assegni familiari, assistenza sanitaria gratuita, senza dimenticare i disoccupati che sono pagati più di “quelli che lavorano davvero“.
Le politiche neoliberiste portate avanti dai governi di sinistra, il ridimensionamento dei partiti politici ridotti all’attività dei loro rappresentanti eletti, la difficoltà del movimento sindacale a comprendere i cambiamenti del mondo del lavoro e la crisi dello stesso settore del volontariato, tutto questo ha messo a terra milioni di lavoratori, che lavorano in piccole imprese e vivono in aree dove i servizi pubblici stanno gradualmente scomparendo. Sebbene il movimento sindacale sia diventato più istituzionalizzato negli ultimi decenni, ha perso in gran parte quella funzione di socializzazione che aveva un tempo. I Gilets jaunes ne sono stati un sintomo, un campanello d’allarme, in quanto il movimento ha permesso ai suoi partecipanti di creare legami tra gli individui, facendoli uscire dal loro isolamento per stare insieme alle rotonde e alle manifestazioni.
È questa “polvere umana” (p. 52), come scriveva Trotsky – non in senso peggiorativo, ma come osservazione sociologica – in cerca di comunità e di senso, a cui il fascismo ha dato una bandiera, che il RN sta ora raccogliendo elettoralmente.
Così, per rassicurarsi, alcuni a destra, ma anche a sinistra, spiegano che in fondo la RN non è né Mussolini né Hitler. Né Orban in Ungheria né Meloni in Italia hanno vietato i partiti, sciolto i parlamenti o istituito campi di concentramento. Si tratterebbe solo di una destra un po’ più autoritaria, e poi dopo Bardella/Le Pen l’esperimento sarà fatto e sarà il ritorno a sinistra delle classi lavoratrici che, finalmente, riconosceranno i veri difensori dei loro interessi.
Un’illusione! Guardate cosa è successo quando Hitler è salito al potere, mentre il Partito Comunista Tedesco e Stalin a Mosca dicevano “Dopo Hitler, toccherà a Thalman” (leader del Partito Comunista Tedesco). Sotto le giacche e le cravatte, sono spuntate le camicie brune!
Se vogliamo un esempio, un modello tipico del fascismo del XXI° secolo, dobbiamo guardare alla Russia di Putin. Anche lì ci sono elezioni, un sistema sulla carta multipartitico e con dei sindacati. Putin ha impiegato vent’anni per realizzare gradualmente, passo dopo passo, una società imbavagliata, in via di militarizzazione sullo sfondo di una guerra di aggressione, in cui ogni volontà organizzativa indipendente viene sistematicamente abbattuta, con i media totalmente sotto il controllo dello Stato, con legami interconnessi tra Stato/oligarchi/Chiesa ortodossa/truppe e milizie al servizio della “Grande Russia”. Non c’è bisogno di grandi campi di concentramento: migliaia di incarcerazioni, multe, la minaccia di essere classificati come “agenti stranieri”, ecc. sono sufficienti a instillare la paura, la paura persino di condividere i propri sentimenti con i propri parenti.
I fascismi contemporanei non vanno sottovalutati. Senza essere identici, sono paragonabili e simili, ieri e oggi, in Francia e nel mondo. È una minaccia reale che prende piede, corrode i corpi sociali e, una volta al potere, le istituzioni.
La vittoria nazista è stata il prezzo pagato dalla società e dal proletariato tedesco per l’incapacità dei comunisti e dei socialisti di presentare un fronte unito. Peggio ancora, il Partito Comunista Tedesco, che ne era storicamente responsabile, rifiutò di adottare una politica di fronte unito e concentrò i suoi attacchi sui socialdemocratici. Questi ultimi sono stati anche responsabili, con le loro politiche, delle battute d’arresto subite dal movimento operaio. Ma è stata una follia suicida rifiutare di difendersi, di scioperare insieme pur marciando separatamente. Una volta al potere, i nazisti non fecero distinzione tra comunisti e socialisti. Nelle prigioni e nei campi c’era unità!
Guardando alla situazione attuale, si ha l’impressione che la lezione non sia stata imparata, non completamente, non da tutti. È la pressione delle piazze, la portata dell’onda emergente del RN che ha costretto i partiti di sinistra a formare un nuovo fronte popolare. Tuttavia, la competizione tra i partiti e le ambizioni individuali che vediamo e sentiamo mostrano la fragilità della convinzione unitaria costruita in fretta e furia – a differenza del Fronte Popolare del 1936, che fu concepito nel 1934 e il cui programma fu elaborato nel gennaio 1936, cinque mesi prima delle elezioni, riunendo partiti, sindacati e associazioni.
La necessità c’era. Se l’alleanza si limita ai partiti che vogliono limitarsi a “salvare i mobili”, si potrà forse evitare il peggio nell’immediato, ma sarebbe solo una tregua, una in più, e molto fragile.
Dobbiamo unire le forze delle organizzazioni politiche, sindacali e sociali a tutti i livelli, nelle nostre città e nei quartieri, con tutti i cittadini che vogliono agire.
Con questi comitati, questo nuovo fronte popolare, qualunque sia l’esito delle elezioni, possiamo ricostruire la speranza e la resistenza.
I testi di Contre la fascisme sono di grande attualità in un momento in cui la guerra sta già infuriando in Europa, con l’aggressione della Russia di Putin, e la minaccia del fascismo sta diventando una realtà. La Francia e l’Europa sono sul punto di infiammarsi e non c’è tempo per distogliere lo sguardo.
*articolo apparso il 30 giugno 2024 sul blog dell’autore s su mediapart (https://blogs.mediapart.fr/robi-morder/blog/300624/derniere-station-avant-l-abattoir-dix-ans-apres )
(1) Léon Trotsky, Contre le fascisme, 1922-1940, testi raccolti e annotati da Patrick Le Tréhondat, Robi Morder, Irène Paillard e Patrick Silberstein, Parigi, Syllepse, 2015. [In italiano, alcuni dei testi più importanti sono contenuti in Trotskij, Scritti, 1029-1936, Mondadori, 1968. N.d.T.]
(2) Disponibile per il download all’indirizzo: https://www.syllepse.net/syllepse_images/divers/derniere_station_avant_l_abattoir.pdf