Quello che si gioca oggi, tanto negli Stati Uniti, quanto in Europa, è un biliardo a più squadre. Le banche temono per i loro bilanci, gli Stati oscillano tra desideri d’austerità e minaccia di recessione (o di esplosione sociale), le aziende ricostituiscono i loro profitti, gli speculatori speculano, e gli azionisti deprimono.
Né le istituzioni europee, né Obama sono capaci di fare ordine e di definire un orientamento preciso: si avvicinano velocemente al bordo del precipizio. Il debito pubblico diventa il luogo in cui si polarizzano questi interessi divergenti e contraddittori.
Chi decide oggi, se non Standard & Poor’s, l’agenzia di rating che ha degradato il rating del debito degli Stati Uniti? È abbastanza “difficile da digerire” da parte della “gang che ha valutato AAA migliaia di titoli tossici”, come scrive Doug Henwood in Left Business Observer. Ma questa decisione non ha alcun senso economico, e bisogna piuttosto interpretarla come un’ingiunzione diretta ai governi d’avanzare più decisamente sulla via dell’austerità. L’OCSE è qui per precisare gli obiettivi che sono chiaramente designati nelle sue ultime Prospettive economiche: “innalzamento dell’età di pensionamento” e “adozione di pratiche ottimali in materia di prestazioni di cura di salute e d’insegnamento”. Traducete: riduzione delle spese sociali. Questo è il programma che i “mercati finanziari” intendono imporre ai governi. E ci riescono: “rassicurare” quei famosi mercati finanziari equivale esattamente a prostrarsi di fronte a loro, come è ormai chiaro che nessuna misura è stata presa per metterli in riga.
La posta in gioco della crisi del debito è in fondo la seguente: dei ristretti strati sociali hanno, per due decenni almeno, accumulato una ricchezza finanziaria oggi minacciata. È questo tesoro che oggi si tratta di preservare, poggiandolo sulla regressione sociale. Dietro i debiti, c’è dunque un nuovo episodio di lotta di classe, in forma derivata, ma non meno violenta. Ma, dal lato delle classi dominanti, è condotta in un disorientamento abbastanza grande: la difesa forsennata degli interessi a corto termine ostacola la ricerca di una regolazione di un capitalismo relativamente stabilizzato. E la generalizzazione dei programmi di risanamento ha già cominciato a bloccare la ripresa.
Fonte: Regards, settembre 2011. Traduzione a cura della redazione di Solidarietà