Riportiamo qui di seguito un’intervista della redazione di Solidarietà a Gianni Frizzo. Questa intervista si è svolta in occasione della festa popolare organizzata dal comitato “Giù le mani dalle Officine”, il 9 aprile scorso (Red.)
«Oh, quanto gente!» ha mormorato un po’ sorpreso un compagno entrando sabato scorso alla Pittureria di Bellinzona. Sicuramente non si aspettava di vedere così tanta gente, sia al dibattito che alla cena e al seguito della serata.Malgrado siano passati quattro anni la tensione e la simpatia che accompagna i lavoratori dell’Officina non diminuiscono.Certo, non siamo ai livelli dei giorni della lotta e di quelli immediatamente seguenti. Ma possiamo ben affermare che il capitale di simpatia accumulato è lontano dall’essersi esaurito. E questo per più motivi.
Prima di tutto perché il salvataggio dell’Officina non è finito. È un lavoro continuo che potrà dirsi (almeno in parte) completato quando cominceranno a prendere forma progetti che effettivamente permetteranno di guardare al futuro con maggiore tranquillità (come, ad esempio ma non solo, il centro di competenze).
Inoltre i lavoratori dell’Officina, attraverso l’azione e l’impegno del suo comitato continuano in quel lavoro di informazione della popolazione che ha rappresentato una delle chiavi del successo della mobilitazione di quattro anni fa.
Infine, come non rendersi conto dell’altro valore simbolico che rappresenta, nel contesto profondo di crisi che viviamo, l’azione svolta dai lavoratori dell’Officina. Essi rappresentano uno dei tentativi più alti (e meglio riusciti) di opporsi alle logiche mercantili del capitalismo neoliberale, alla logica del profitto e delle privatizzazioni.
Ognuno di noi vorrebbe poter fare come i lavoratori delle Offiicine, ed opporsi ai progetti che, giorno dopo giorno, ci investono sui luoghi di lavoro, rendendo il nostro lavoro sempre più duro, sempre meno remunerato, sempre più difficile.
Abbiamo approfittato di questo incontro per fare il punto sulla situazione con il presidente del comitato di sciopero Gianni Frizzo. (Red)
Questo quarto anniversario della lotta dell’Officina cade in un momento di passaggio importante nella storia dell’Officina. Qualche mese fa è terminata la tavola rotonda e il progetto di centro di competenze sembra essere giunto ad una fase (quella della progettazione concreta). Tutto questo in un contesto nel quale la situazione occupazionale appare difficile (a causa del calo del volume di lavoro offerto da Cargo) e le pressioni sulle condizioni di lavoro si intensificano. Come vivete questa situazione?
Il personale dell’Officina di Bellinzona (OBe) si trova in una fase molto difficile e incerta. Se nel 2009/2010 si son visti incrementare i volumi di lavoro, con il conseguente aumento occupazionale, dal 2011 ad oggi si sta assistendo a dei notevoli cali dei volumi che mettono a rischio posti di lavoro (penso alla disdetta dei contratti a 15 lavoratori interinali) e la possibilità alle OBe, diminuendo i volumi di lavoro soprattutto nel settore carri, di avere la necessaria copertura dei costi con tutte le conseguenze negative del caso.
La mancata trasparenza poi di FFS Cargo, relativa la strategia a breve e medio termine (2013/2014), pone le OBe ad uno stato d’attesa, molto pericoloso, in quanto, di fronte al non remoto rischio di perdere all’improvviso volumi di lavoro che rappresentano pur sempre all’incirca il 60% della cifra d’affari delle OBe, non si ha la possibilità di progettare per tempo un piano di compensazione. Si capisce benissimo come tutto ciò pone anche dei seri interrogativi sulla strategia che le FFS stanno riservando all’Officina di Bellinzona: se da un lato continuano ad affermare di credere in esse, dall’altro, con i problemi strutturali e l’organizzazione a matrice (servizi centralizzati che,di fatto, ne impediscono lo sviluppo, sebbene vi siano in loco tutte le competenze e le opportunità necessarie).
I clienti interni FFS rappresentano tutt’oggi alle OBe l’85% circa dei volumi di lavoro: questo dato è nettamente in controtendenza alle nostre aspettative e a quanto stabilito dalle FFS stesse fin dal 2008. Noi abbiamo l’assoluta necessità di far capo a commesse da terzi per garantirci la copertura dei costi e il mantenimento dell’occupazione. Come è facile immaginare questa situazione di estrema incertezza e tensione è vissuta malissimo dai lavoratori dell’Officina.
Le FFS sembrano avere ormai imboccato una strada che coniuga una disponibilità formale alla discussione con il comitato di sciopero con un atteggiamento che poi, nelle decisioni concrete, sembra volervi mettere di fronte al fatto compiuto. Come pensate di opporvi a questo atteggiamento delle FFS?
Questo assillante ritornello del rientro alla “normalità”, intonato puntualmente dalla direzione aziendale, sta di fatto minando tutto quanto costruito in q uesti quattro anni di estenuanti discussioni avvenute faticosamente tra le parti durante tutta la durata della tavola rotonda (TR).
Le decisioni unilaterali della dirigenza dell’Officina di Bellinzona (FFS) contravvengono palesemente a quanto convenuto in TR il 16 dicembre 2011.
Un atteggiamento oltraggioso che dovrebbe far riflettere attentamente le FFS, che dovranno assumersi tutta la responsabilità di questa situazione ed in particolare delle conseguenze che questo atteggiamento potrebbe scatenare se le stesse FFS non dovessero ritornare al più presto sui propri passi. Devo però aggiungere che il margine per questa correzione di rotta da parte delle FFS tende ad essere sempre più ristretto, osiamo sperare nel “buon senso”, altrimenti dovremmo giocoforza individuare delle “contromisure”, che per ovvie ragioni non descriviamo, atte a riportarli a più miti e ragionevoli consigli. Con un minimo di ragionevolezza dovrebbero rendersi conto che oggi, visti i problemi strutturali (gestionali e organizzativi), la situazione all’Officina di Bellinzona non è affatto migliore rispetto il 2008: anzi vi si è aggiunta l’incognita strategica di FFS Cargo.
Oltre ai problemi legati alle prospettiva future dell’Officina, moltissimi lavoratori hanno vissuto male il nuovo sistema salariale introdotto con il rinnovo del Contratto Collettivo di Lavoro (CCL) lo scorso anno. Moltissimi sono stati “declassati”, cioè assegnati ad una classe salariale inferiore al salario che percepiscono, magari dopo aver lavorato decenni per le FFS. Se per ora le FFS non chiedono la differenza (vige, almeno fino a fine CCL, quella che viene chiamata la “garanzia salariale”) il futuro si presenta incerto, anche perché tutto questo significa, nella peggiore delle ipotesi, il blocco permanente dei salari. Come intendete muovervi su questo terreno?
Visto che il personale dell’Officina(e FFS in generale)non aveva sufficienti guai d’affrontare, ecco che allora la premiata ditta “FFSindacale” riesce a cavare dal cilindro un progetto salariale (ToCo) assurdo sotto tutti i punti di vista, penalizzante soprattutto nei riguardi dei collaboratori posti ai piedi della scala salariale (con salari più bassi). Poi ci si è messa pure la dirigenza locale a peggiorare le cose dimostrandosi ancor più papisti del papa, “svalorizzando” attività artigianali attraverso una procedura d’attribuzione dei posti (determinante per la definizione dei salari) “fatta in casa (nostrana)”, irrispettosa persino delle disposizioni pattuite in materia, che ha contribuito ad elevare ulteriormente la parte di garanzia salariale (in alcuni casi la garanzia si aggira persino attorno ai 20’000 fr./annui). Una garanzia che verrà certamente messa in discussione a fine 2014,nelle prossime trattative per il rinnovo del contratto collettivo di lavoro (CCL). Il nuovo sistema salariale ha di fatto diminuito i salari sia di base (nuove assunzioni) che massimi (solo, guarda un po’, per gli artigiani). In ogni caso servirà alla FFS come ulteriore argomento di pressione per cercare di spazzar via quei pochi diritti e prestazioni rimasti ancora alle salariate e ai salariati. Per far fronte a ciò il nostro Comitato ha reagito intervenendo con un’azione di protesta collettiva che ha indotto circa 200 collaboratori dell’Officina dapprima a rifiutare di firmare il contratto relativo le nuove condizioni salariali ricevuto a fine maggio 2011; successivamente sottoscrivendo una procura con la quale si conferisce al Comitato la tutela dei propri interessi. Una procedura che è in corso e che probabilmente sfocerà con una marea di ricorsi che dovremo affrontare nei prossimi mesi. Un processo, quest’ultimo, che servirà a lenire le conseguenze (classico cerotto) e non servirà assolutamente a cambiare ciò che sta alla base del problema, cioè il sistema salariale vero e proprio. Un tema quello del sistema salariale molto importante che andrebbe discusso, ma soprattutto combattuto, con spirito solidale, dai salariati FFS a livello nazionale. Stiamo di fatto valutando come perseguire e raggiungere questo obiettivo consapevoli del fatto che non potremo quasi certamente contare sul supporto delle organizzazioni sindacali “complici” attive di questa triste pagina di consociativismo padronale/sindacale. E’ anche vero però che la speranza è l’ultima a morire… !