I sostenitori delle reti di cure integrate martellano l’opinione pubblica affermando che la modifica della Legge sull’Assicurazione Malattia (LAMal) in votazione il 17 giugno 2012 garantirà una migliore qualità delle cure. Per fornire autorità alle loro tesi, fanno riferimento ad uno studio pubblicato dall’Ufficio Federale della Salute Pubblica (OFSP). Vediamo di cosa si tratta.
Lo studio in questione è stato realizzato dall’Istituto di Medicina Sociale e Preventiva di Berna (IMSP). Affronta il tema seguente: la presa a carico nel modello integrato porta ad una migliore qualità delle cure, per le persone che soffrono di malattie croniche, rispetto ad una presa a carico «normale»?
L’IMSP ha analizzato in modo sistematico gli articoli, sia quelli che rappresentano delle rassegne sistematiche di studi originali sia quelli che hanno un carattere di meta-studi (cioè che combinano dal punto di vista statistico i risultati di diversi studi). Il documento pubblicato in rete dall’UFSP è eccessivamente breve se comparato con le convenzioni che regolano le pubblicazioni scientifiche: poco più di due pagine e nessuna referenza bibliografica.
Non esiste una definizione univoca di ciò che sia un modello di presa a carico integrato. Per analogia con la pratica in Svizzera, gli autori dello studio hanno preso in considerazione le reti caratterizzate dal fatto che: 1° assicurino l’integrazione verticale di almeno due livelli di cure differenti (per esempio la medicina di base e la medicina ospedaliera); 2° sono coinvolte nelle scelte mediche; 3° raggruppano diverse specializzazioni mediche.
Il gruppo di lavoro dell’IMSP ha identificato 26 pubblicazioni che affrontano il tema così definito: otto riguardanti i pazienti che soffrono di varie malattie croniche, sei pazienti affetti da insufficienza cardiaca, cinque persone affette da malattie respiratorie croniche (bronchite cronica ostruttiva od asma), tre persone colpite dal diabete, due persone che soffrono di malattie croniche delle articolazioni, uno pazienti affetti da cancro ed uno sulle vittime di ictus.
Tre tipi di risultati sono stati presi in considerazione per valutare la qualità delle cure:
– I risultati dal punto di vista del paziente, in termini di qualità di vita, di soddisfazione o di sintomi specifici alle malattie. I modelli di cure integrate ottengono dei risultati significativamente migliori nei casi di diabete e d’insufficienza cardiaca. Nel caso della bronchite cronica ostruttiva, è possibile mettere in evidenza solo una tendenza positiva. Non ci sono dei risultati migliori nei casi di cancro.
– I risultati clinici (come glicemia, pressione sanguigna, ecc.): solamente nei casi di diabete è possibile evidenziare risultati migliori per i modelli di cure integrate.
– La mortalità e la salute funzionale (indipendenza, capacità di eseguire le mansioni di vita quotidiana): il gruppo di lavoro dell’ISPM ha potuto mettere in evidenza risultati migliori per le reti di cura integrate solo nei casi di diabete, con una tendenza positiva per i casi di insufficienza cardiaca. Non sono state osservate differenze per i pazienti affetti da malattie respiratorie croniche.
Lo studio dell’IMSP, ammettendone senza discussioni le conclusioni, mostra dunque che, per un numero molto limitato di malattie croniche (diabete, insufficienza cardiaca e, eventualmente, la bronchite cronica ostruttiva), la letteratura scientifica conclude con un certo numero di risultati migliori nel caso di cure fornite da un modello di cure integrate.
Quale legame onestamente é possibile fare con la votazione del 17 giugno ?
– È semplicemente scorretto affermare che questo studio dimostri, in maniera generale, la superiorità, in termini di qualità, delle reti di cura integrate. Eppure è proprio quello che fanno i sostenitori di questo progetto, ma anche, in maniera ipocrita. lo stesso UFSP, che ha pubblicato questo documento in rete, senza commenti, sulla pagina internet relativa alla votazione del 17 giugno. Lo studio verteva solo sulle malattie croniche ed ha evidenziato dei risultati positivi solo per un piccolo numero di queste per le reti di cura integrate.
– Questi risultati dovrebbero essere un incentivo a concentrarsi sullo sviluppo di programmi specifici di cura integrate per persone che soffrono di malattie per le quali sono stati stabiliti buoni risultati. Ciò è particolarmente il caso per il diabete. Tuttavia, la legge sulle reti di cura integrate non prevede alcun aiuto in questa direzione. Il suo “target” è anche un altro, poiché il Consiglio federale mira ad un tasso del 60% della popolazione aderente alle reti di cura integrate. Durante l’emissione del programma Infrarouge della Radio televisione svizzera (RTS) dedicata a questo tema, Pierre-Yves Maillard (Partito Socialista), ministro della sanità del Canton Vaud, ha ricordato il disinteresse delle assicurazioni malattia nel finanziare un programma di “gestione della malattia” concernente il diabete, istituita dalle autorità cantonali.
– La legge sulle reti di cura integrate vuole creare un’organizzazione molto particolare, caratterizzata da:
1° la libertà degli assicuratori di contrarre con le reti di cure e la corresponsabilità finanziaria di queste ultime, creando le condizioni per un mercato delle reti di cura, messe in concorrenza tra di loro da parte degli assicuratori, in particolare a livello di costi delle prestazioni;
2° un incentivo ad aderire a tali reti sotto forma di sanzione pecuniaria per gli assicurati che non si adegueranno al modello delle reti di cura, anziché l’adesione strettamente volontaria.
Tuttavia, non vi è alcuna indicazione nello studio dell’IMSP che questi meccanismi, fondamentali per la forma che prenderà il sistema di cure in Svizzera, siano presenti anche nei modelli di cure integrate recensiti. Gli autori dell’IMSP non menzionano neppure il problema. Pertanto, lo studio dell’IMSP non permette, in senso stretto, nessuna conclusione in merito alla qualità delle cure fornite dalle reti di cura che si svilupperebbero nel quadro di mercato regolamentato voluto dalla legge posta in votazione il 17 giugno.
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Il nuovo finanziamento degli ospedali attraverso il DRG (Diagnosed Related Groups, gruppi di diagnosi correlate) è entrato in vigore in Svizzera nel primi mesi del 2012. Un finanziamento tramite DRG in Germania esiste da 10 anni. In Svizzera, i primi risultati, positivi, sono già stati smentiti, per esempio dall’associazione delgli ospedali H +.
Si può utilmente confrontarli con quelli stilati per la Germania dal
settimanale Die Zeit (Zeitmagazin No. 21, 16 maggio, 2012, p. 12-24), che pubblica un servizio basato sulle testimonianze di cinque medici. Il quadro che ne emerge, del mercato degli ospedali e del loro funzionamento plasmati da un decennio di finanziamento DRG, dovrebbe allarmare chiunque sia anche poco preoccupato per il futuro del sistema sanitario in Svizzera. Panoramica.
1° Una donna medico che opera con le ambulanze racconta la sua difficoltà a trovare ospedali che accettino certi pazienti. Soprattutto gli anziani, che vivono in casa, e con un rischio molto elevato di cattivo ristabilimento. Il finanziamento tramite DRG ha l’effetto di classificare i pazienti in ‘buoni’ o ‘cattivi’ rischi, in base al rapporto tra il costo che sono suscettibili di provocare ed il rimborso previsto dal DRG in cui vengono “classificati”. In un contesto di stretti vincoli di bilancio e di concorrenza tra gli ospedali, meccanismi di selezione dei rischi vengono inevitabilmente messo in atto.
2° Un medico mostra, attraverso l’esempio della cura di una persona colpita probabilmente da un ictus, come il finanziamento degli ospedali tramite DRG ha comportato che, per ragioni di economia, alcune attrezzature costose, come la IRM (risonanza magnetica), sono meno disponibili in strutture di piccole dimensioni e allo stesso tempo che queste istituzioni sono incoraggiate finanziariamente a non trasferire i casi che non possono più supportare in modo ottimale data la mancanza di disponibilità di strumenti diagnostici, poiché per loro equivarrebbe a separarsi da un “buon rischio” redditizio per l’ospedale. Con la conseguenza di una gestione chiaramente non ottimale per la paziente o il paziente.
3° Un chirurgo illustra come il finanziamento tramite DRG si combina con i metodi di gestione del personale, in particolare contratti per obiettivo accoppiati con dei bonus. Nel suo caso, un bonus di 5.000 euro gli è stato proposto se avesse aumentato il suo mix di casi – corrispondente in qualche modo al suo volume d’affari – del 2% l’anno. Ciò può essere ottenuto aumentando il numero di pazienti o il numero di diagnosi e trattamenti per paziente. Ne consegue un incentivo a ricorrere in modo più rapido a terapie più drastiche ed inutili in questa fase della cura. Tutto questo:
a) rappresenta un pericolo per la salute della persona che riceve la cura; b) pone il medico in una tensione permanente fra gli interessi dei suoi pazienti e gli interessi economici del datore di lavoro, ai quali è vincolato dal meccanismo dei bonus; c) mostra che il finanziamento tramite DRG non ha nulla a che fare con il “contenimento dei costi della salute”.
4° Un medico che lavora in un ospedale privato mostra come il nuovo quadro di finanziamento degli ospedali incoraggi la contabilità ed il controllo finanziario del proprio istituto ad interferire nelle scelte dei professionisti, per esempio prescrivendo trattamenti non necessari, ma giustificanti la classificazione del paziente in un DRG che assicuri il rimborso di un soggiorno più lungo del previsto.
5° Un medico capo, specialista in chirurgia addominale, spiega come la fatturazione DRG ha reso “redditizi” certi interventi molto drastici, come pancreasectomia totale (eseguita nei casi di cancro al pancreas). Ne consegue un incentivo per estendere tale trattamento alle persone più anziane, anche se le probabilità che questo intervento migliori la prognosi del paziente è estremamente limitata. Questo si traduce spesso per pazienti un fine vita molto doloroso, in terapia intensiva. Per non parlare del peso che questo rappresenta per il sistema sanitario nel suo complesso.
La rivista tedesca Die Zeit (supplemento Zeitmagazin), completa questo reportage con la domanda: come è possibile che questo quadro, molto negativo, non si rifletta negli studi ufficiali condotti sull’impatto della fatturazione da parte del DRG?
In Germania, come si prevede di fare in Svizzera, un istituto scientifico, il Berliner Institut für Gesundheits- und Sozialforschung (IGES), è stato incaricato di analizzare l’impatto del DRG sulla qualità delle cure ospedaliere . Ha pubblicato due studi, nel 2004 e nel 2008, piuttosto rassicuranti, mostrando per esempio che la mortalità nell’anno successivo ad una degenza ospedaliera sarebbe diminuita del 4% tra il 2004 e il 2008.
Zeitmagazin offre due diversi punti di vista per interpretare questa divergenza:
a) Lo studio più recente è stato ormai concluso quattro anni fa. Gli ospedali avevano ancora delle riserve all’inizio del cambiamento del sistema di finanziamento. Queste si sono sciolte da allora, con un conseguente deterioramento accelerato della situazione.
b) Gli indicatori utilizzati non sono i più adatti. Un indicatore come la mortalità in realtà non permette di misurare ciò che accade alla maggior parte dei pazienti dopo la loro cure ospedaliere. Non permette inoltre di misurare fenomeni come il sovra-trattamento denunciato da parte dei medici intervistati dal settimanale.
I racconti dei medici raccolti da Die Zeit testimoniano le logiche che si instaurano quando un sistema sanitario è sempre più soggetto a meccanismi di mercato. Essi dimostrano che ciò che viene spesso presentato come scelte tecniche (finanziamento tramite DRG, reti di cura integrate) sono strumenti di ingegneria economica e sociale, volti a sovvertire le pratiche precedenti, strutturate dalle esigenze professionali e di assistenza del servizio pubblico, e sostituirle con le esigenze specifiche del mercato: la redditività e del profitto.
Un NO il 17 giugno alle reti di cura non porrà termine alla pressione organizzata per subordinare delle parti essenziali del sistema sanitario a questa mercificazione.
L’iniziativa per una cassa malati unica, che sarà presto depositata, sarà in questo contesto, uno dei prossimi oggetti di confronto sul tema del futuro del sistema sanitario in Svizzera. La sua portata è molto limitata (vedi l’articolo sul nostro sito: «Assicurazione malattia: un cassa unica per andare dove ?»): lascia in particolare da parte ogni questione sul tipo di contributi.
Ma rimette in causa fondamentalmente il ruolo attuale delle casse malati, uno dei pilastri del sistema di mercato regolamentato voluto dalla LAMal. Il risultato della votazione non è dunque secondario e la campagna precedente la votazione può essere una nuova occasione per approfondire il dibattito politico e sociale sul tema di una alternativa alla mercificazione del sistema sanitario.