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 1. Il congresso di Syriza si è svolto in un contesto di grande instabilità politica che fa seguito alla crisi provocata dalla chiusura della radiotelevisione pubblica (Ert) da parte del governo di Antonis Samaras e dall’abbandono del governo da parte di una delle sue tre componenti, il partito di Sinistra democratica (Dimar). Il nuovo governo bipartitico di Nuova democrazia e Pasok, non può che contare su una maggioranza molto ristretta (153 voti su 300) come ha dimostrato il voto del Parlamento del 17 luglio sul nuovo pacchetto di tagli alla funzione pubblica. Soprattutto: l’ampiezza della reazione popolare alla chiusura della Ert ha segnato la fine della relativa apatia sul versante sociale dopo il voto del precedente Memorandum lo scorso novembre. Il blocco di potere esce incontestabilmente indebolito da questa prova di forza. La caduta del governo attuale sotto la pressione popolare appare un obiettivo più realista rispetto a qualche mese fa. Manca però una strategia e una tattica che affronti direttamente il problema.

 La posizione di Syriza resta, a questo riguardo, a un livello interlocutorio, contrassegnato dallo scarto tra la retorica conflittuale, ma vaga, e la linea concretamente seguita nel vivo dello scontro sociale dell’ultimo periodo (scioperi abortiti o spezzati alla metro, tra i portuali e gli insegnanti). Ogni volta, la direzione di Syriza ha mostrato una grande prudenza evitando l’escalation della contestazione fino a ritirare il sostegno allo sciopero degli insegnanti nonostante fosse stato approvato dal 90% di assemblee generali eccezionalmente partecipate.

 

2. Annunciando il congresso del partito a maggio, la direzione puntava a un solo obiettivo: fare della costituzione di Syriza in partito unico, l’occasione per “riprendere il controllo” cercando allo stesso tempo di marginalizzare l’opposizione interna e di stabilizzare una forma partitica in rottura con aspetti decisivi della cultura politica e organizzativa della sinistra radicale. Detto altrimenti, l’obiettivo era di arrivare velocemente a una “forma partito” ritagliata su misura per ancorare nella realtà organizzativa la linea del “riposizionamento” che la direzione segue con determinazione dall’autunno 2012 (1).

Per questo, la direzione del partito ha imposto un congresso a tappe forzate (con una distanza inferiore a un mese tra la pubblicazione dei testi preparatori e il voto delle sezioni) e un’agenda interamente dedicata alle questioni interne, lontana dalle preoccupazioni strategiche e dall’imperativo di un’elaborazione programmatica che la congiuntura impone.

Questa agenda “introversa” si è strutturata attorno a tre punti chiave:

la questione delle “componenti” con l’ultimatum di due o tre mesi per il loro scioglimento nel quadro del processo di “unificazione” (2);

un diritto di tendenza svuotato di sostanza con la soppressione delle “liste separate”, un modo per designare la rappresentanza proporzionale delle minoranze nelle istanze di direzione;

modalità di elezione del presidente del partito, derivante dal congresso e non dalle istanze di direzione (comitato centrale).

 

3. Questa agenda interna non avrebbe senso se non fosse collocata nel contesto più ampio della percezione di Syriza da parte dei rappresentanti del blocco di potere e nell’evoluzione interna che questo partito conosce da circa un anno.

Per i media e le forze politiche di sistema, le “componenti” e le “tendenze” di Syriza, la sua famosa “cacofonia”, rappresentano un codice per designare il radicalismo di Syriza, incarnato dalle sue correnti a fronte di una direzione (quella di Tsipras) che invece rappresenta il “realismo” e la linea del “riposizionamento”. La direzione, in particolare Tsipras, è dunque sottoposta a una pressione costante da parte del sistema per “ripulire” il partito e affermare la sua autorità (“Tsipras, taglia le teste”, è una delle affermazioni ricorrenti sui media) sbarazzandosi delle voci in dissenso. In particolare, sono indicati quelli che la criticano da sinistra e che vengono presentati come ostacoli “all’immagine” di Syriza come “partito responsabile di governo”.

All’interno, gli eccezionali successi elettorali della primavera 2012 si sono tradotti in una dinamica contraddittoria. Da un lato, un’ondata significativa di adesioni (con il raddoppio delle iscrizioni balzate a 35 mila) ma anche successi in alcuni settori, in particolare nel movimento sindacale, tradizionale punto debole di Syriza (successi relativi visto che l’influenza sindacale resta significativamente inferiore a quella del Pc greco, Kke, che ha ottenuto meno del 5%). Questa ondata, però, comporta anche un altro aspetto, ben più ambiguo. In una società traumatizzata dalla depressione economica e plasmata da decenni di “partitocrazia”, l’adesione a un partito che sembra alle porte del potere può prendere la forma della ricostituzione di un rapporto clientelare unito a un rapporto di obbedienza al leader carismatico.

 

4. Questo fenomeno, in parte spontaneao e perfettamente prevedibile per chi conosce la realtà greca, nondimeno è stato chiaramente incoraggiato, in nome del necessario “allargamento”, dalla direzione del partito a partire dall’autunno 2012. Le scelte operate da quel momento – assenza di una vera strategia di intervento militante e di costruzione del partito, scelta del congresso e di conferenze nazionali organizzate frettolosamente con un numero di delegati pletorico, etc. – conducono inevitabilmente a un partito “prendi-tutto”. In altri termini, un partito elettoralista, dalla vita interna atrofizzata, che si raccoglie attorno al proprio leader con un discorso calato dall’alto e rivolto principalmente, tramite i media, a un “uditorio nazionale” ma sempre modulato in modo tale da piacere a “pubblici” diversi (più radicale quando ci si rivolge ai militanti, più “sobrio e pragmatico” quando si tratta di incontrare Schoeble o l’Fmi).

 

5. Gli aspetti più problematici del congresso fondatore della “nuova Syriza”, partito ormai unificato, discendono da queste tendenze che portano al suo mutamento in “partito di governo”; un numero di votanti sproporzionati rispetto ai partecipanti alle discussioni interne, un corpo ingestibile di 3500 delegati, assenza di discussione strutturata durante le prime due giornate (quelle in cui I delegati potevano prendere la parola), assenza di relazioni sull’attività delle istanze uscenti, discorso di apertura di Tsipras adatto più alle esigenze di un meeting elettorale che non rivolto a un’istanza deliberativa del partito.

A questo si è venuto ad aggiungere il clima particolarmente aggressivo nei confronti dell’opposizione interna (riunita nella Piattaforma di sinistra, n. 3) che è culminata la sera dell’ultima sessione del congresso, durante i voti sui tre punti riguardanti il funzionamento interno. Si sono così succedute scene scioccanti per un congresso della sinistra radicale (rappresentanti della Piattaforma di sinistra fischiati, insulti, Tsipras applaudito ogni volta che saliva in tribuna anche prima che iniziasse a parlare) che hanno portato a uscire dalla sala i delegati della Piattaforma e un numero significativo di delegati della maggioranza.

 

6. Qual è il bilancio del congresso? Dal punto di vista del contenuto programmatico e dell’elaborazione strategica piuttosto magro o meglio inesistente. I documenti adottati si limitano semplicemente a ripetere le formulazioni adottate alla scorsa conferenza nazionale. Testi di compromesso con formulazioni ambigue e contorte (…) Ad esempio, lo scorso dicembre, qualche giorno dopo l’adozione alla conferenza nazionale della posizione sull’annullamento immediato del Memorandum tramite voto parlamentare in caso di vittoria elettorale, i responsabili delle questioni economiche e i principali dirigenti dopo Tsipras si sono dilungati in dichiarazioni per precisare che Syriza “non agirebbe in modo unilaterale” evitando sistematicamente di utilizzare i termini di “annullamento” o di “abrogazione” rimpiazzati da riferimenti irenici alla “negoziazione” con i “nostri partner europei” (…)

 

7. La Piattaforma di sinistra ha tentato di imprimere un contenuto politico a un dibattito programmatico quasi inesistente e ha depositato quattro emendamenti riferiti ai punti strategici più sensibili: debito (rimessa in discussione della legittimità del debito in quanto tale, denuncia delle convenzioni esistenti e ricorso, se necessario, alla cessazione del pagamento per ottenere l’annullamento); eventualità dell’uscita dalla zona euro; nazionalizzazione del settore bancario nella sua totalità, impegno chiaro ad annullare l’insieme delle privatizzazioni in corso e rinazionalizzazione, sotto controllo popolare, di settori strategici dell’economia (telecomunicazioni, energia, infrastruttura stradale e aeroportuale); strategia delle alleanze riaffermando la linea del governo anti-austerità con l’esclusione dell’apertura al “centro” o ad altre forze della destra nazionalista. L’insieme di questi emendamenti è stato rigettato ma ha raccolto tra un terzo e il 40% dei voti, con il sostegno più ampio agli emendamenti sul debito e l’euro. Sulla questione della linea politica, dunque, si deve ammettere che la direzione ha imposto il proprio orientamento.

 

8. Con riferimento agli obiettivi posti, questo congresso rappresenta una sconfitta. L’agenda in tre punti già evocata e focalizzata sulla “rimessa in ordine” all’interno del partito, è uscita malconcia dall’appuntamento. Sulla questione dello scioglimento delle componenti e dell’ultimatum loro rivolto, la direzione si è dovuta attestare su un compromesso (la formulazione adottata parla di “scioglimento in un tempo ragionevole e in seguito a concertazione”) anche in virtù della posizione molto ferma adottata da Manolis Glezos. Figura emblematica della Resistenza, forte di un prestigio enorme e di una statura all’altezza dell’eroe nazionale qual è, Glezos non si è accontentato di difendere il diritto all’autonomia delle componenti. Ma ha attaccato Tsipras in modo diretto e personale e rigettato con forza il modello di partito “presidenzialista” minando così l’autorità morale e simbolica della direzione e del suo leader. Sulla vicenda della rappresentazione delle minoranze (…) dopo aver proposto un sistema che accordava, con un sotterfugio “tecnico” un vantaggio automatico alla lista maggioritaria, il blocco di maggioranza ha imposto alle tendenze (minoritarie) che volessero presentarsi l’obbligo di costituire delle liste separate, pubblicate su bollettini separati (…) Un modo per far apparire le minoranze come un “corpo estraneo” e per conferire alla lista di maggioranza uno statuto simbolico di detentore unico della legittimità partitica.

 L’operazione, nondimeno, si è ritorta contro i suoi ispiratori. Invece di indebolirsi, la Piattaforma si è rafforzata e, aiutata dalla presenza di piccole liste “indipendenti” ha ridotto la lista di maggioranza al 67,5%, cioè sette punti in meno di quanto raccolto alla scorsa conferenza nazionale. Infine, sulla questione dell’elezione del presidente del partito direttamente dal congresso (…) la direzione ha ottenuto il risultato ma con l’adozione di una disposizione “flessibile” che autorizza ogni congresso a decidere liberamente. Nel voto segreto, poi, Tsipras ha ottenuto il 72% (…)

 

9. La principale sconfitta della direzione sta dunque nel rafforzamento della Piattaforma di sinistra che ha superato la soglia simbolica del 30% cioè una progressione di 5 punti rispetto alla scorsa conferenza nazionale (30,16 contro 25,6%) e questo in un quadro altamente conflittuale (…)

 Questo ha provocato un vero choc in seno alla direzione che ha evitato qualsiasi commento ufficiale (…)

 Da parte sua, la Piattaforma ha reso pubblico, per la prima volta, un comunicato distinto precisando il proprio sforzo per ottenere “la radicalizzazione e l’ancoraggio a sinistra di Syriza e per l’unità dell’insieme della sinistra radicale”. Segno che il suo successo è inteso come un incoraggiamento a dispiegare un intervento in maniera più visibile all’interno del partito e anche al di fuori.

 

9+1. In conclusione, si può dire che questo congresso fondatore ha creato più problemi di quanti ne abbia risolti o tentato di farlo. Costituito ormai in partito unificato, dotato di uno statuto, di documenti dal carattere programmatico e di una direzione eletta, Syriza appare comunque come un partito profondamente diviso su punti strategici essenziali, che sono al centro del dibattito nazionale ed europeo. E’ evidente che lo scontro tra i sostenitori di un approccio “realista” desideroso di accedere al potere “a freddo”, di non rompere con il quadro europeo e di padroneggiare i settori straetici delle forze dominanti e coloro che auspicano lo scontro aperto e la rottura con l’attuale quadro della Ue, tocca il nervo delicato delle questioni che riguardano la sinistra nel Vecchio continente. Il congresso di Syriza sarà stato senz’altro utile in quanto avrà permesso di formulare I termini dei problemi in modo più chiaro e più agilmente percepibile dalle forze sociali e politiche impegnate in un progetto di emancipazione.

 

Note

 

1. Sull’evoluzione di Syriza leggere l’articolo di Baptiste Derickebourg, “Prendere il potere senza perdere l’anima” su Le Monde diplomatique di giugno 2013 così come il testo di Philippe Marlière, “Alexis Tsipras entre radicalisme et réalisme” su http://blogs.mediapart.fr/blog/philippe-marliere/220313/alexis-tsipras-e….

 

2. Dal 2004, data della sua creazione, fino alla conferenza nazionale dello scorso novembre, Syriza esisteva in quanto alleanza di una dozzina di componenti distinte, che coprivano la quasi totalità della sinistra radicale. La componente più importante era Synaspismos, il partito di Alexis Tsipras, partito anch’esso costituito da correnti distinte che vanno dalla social-democrazia moderata ai neo-comunisti della Corrente di sinistra (vedi nota seguente)

 

3. La Piattaforma di sinistra si è costituita sotto la sua forma attuale durante la conferenza nazionale di novembre 2012 per la convergenza delle due principali componenti, esistenti da più di un decennio: 1) la Corrente di sinistra del Synaspismos, essenzialmente formata da militanti che hanno lasciato il Kke alla scissione del 1991. Questa controlla la maggioranza delle sezioni di impresa, il settore sindacale e conserva una forte presenza in alcune sezioni e federazioni regionali, soprattutto nel nord della Grecia; 2) le tre componenti di origine trotskysta (Kokkino, Dea e Apo) ormai riunite sotto l’ombrello di Rproject/Rete rossa. Durante il congresso ha aderito alla Piattaforma una componente uscita dal Pasok, Dikki, così come un’organizzazione di quadri sindacali che avevano lasciato il Kke nel 1995 (Keda). Circa una dozzina di parlamentari di Syriza, su un totale di 70, si riconoscono nella Piattaforma, tra cui uno dei tre portavoce del gruppo parlamentare. Panayiotis Lafazanis, già dirigente del Kke e deputato da lungo tempo dell’emblematica circoscrizione del Pireo, la più operaia del paese, ne rappresenta la figura pubblica più conosciuta