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michel warschawskiÈ noto che tutte le guerre hanno un obiettivo politico, e quella dello Stato di Israele contro Gaza non fa eccezione.
Guerra? Visto il rapporto di forza militare, il concetto è inadeguato: si tratta di un’aggressione armata, di fronte a una resistenza il cui eroismo non può nasconderne la debolezza. Eppure, con i suoi missili scarsamente efficaci, Hamas riesce a paralizzare da una settimana l’esistenza quotidiana di oltre un milione di israeliani, e sicuramente imporrà allo Stato ebraico un compromesso non molto diverso da quello che aveva concluso l’aggressione israeliana del 2011.

 

Quale è dunque l’obiettivo di Benyamin Netanyahu e del suo governo?

Per paradossale che possa sembrare, l’obiettivo è… Mahmud Abbas (Abu Mazen), con la campagna militare contro Hamas e Gaza che è semplicemente il mezzo per indebolire il Presidente palestinese.

Fin dal sequestro dei tre giovani coloni, il Primo ministro israeliano aveva preso di mira Mahmud Abbas come principale responsabile dell’operazione, ed è solo sotto la pressione statunitense che i dirigenti israeliani sono stati costretti a cambiare di spalla il loro fucile e ad ammettere che i palestinesi non avevano risparmiato gli sforzi per cercare di ritrovare i rapiti, approfittando dell’occasione per arrestare decine di militanti legati – o meno – ad Hamas.

Non importa: se non sei tu, allora è tuo fratello; e i dirigenti israeliani via a prendere di mira Hamas, con cui Mahmud Abbas ha da poco costituito un governo di Unità Nazionale; vale a dire: Abbas rompa l’alleanza con Hamas e così facendo si indebolisca agli occhi della popolazione, largamente fautrice dell’unità nazionale, altrimenti, se si rifiuta di farlo, diventa complice di quelli cui hanno attribuito la responsabilità del rapimento e del suo tragico esito.

 

Vogliono portare avanti la colonizzazione

Hamas ha smentito di avere a che fare con il rapimento e l’assassinio dei tre coloni, cosa che è peraltro coerente con la scelta di dar vita a un governo di unità nazionale con Habbas. Siano o meno convinti che Hamas sia responsabile, Netanyhau e la sua banda hanno deciso di aggredire la Striscia di Gaza. Solito riflesso dei vari governi israeliani: Gaza = Hamas = terrorismo, quindi si picchia indistintamente.

Mentre stiamo scrivendo [venerdì 12 luglio], si annunciano 122 morti [Oggi abbiamo già superato i 500. NdR], dei civili nella stragrande maggioranza. Per i capi militari di Tel Aviv, infatti, a Gaza non esistono civili, ma una comunità di un milione e mezzo di terroristi, dai 6 mesi ai 90 anni… Ricordiamocene: le centinaia di missili lanciati da Gaza nel corso degli ultimi mesi non hanno fatto – ancora – una sola vittima israeliana, tranne una donna anziana ad Haifa, tra l’altro araba, che per giunta è morta per una crisi cardiaca mentre correva a mettersi al riparo durante un allarme.

Delegittimando Abbas, è l’insieme del processo negoziale che Netanyahu vuol far cadere, un processo che l’intera comunità internazionale vorrebbe veder uscire dai binari dove l’hanno volutamente impantanato i dirigenti israeliani. Per i dirigenti israeliani, la bussola punta a un unico e solo obiettivo: proseguire nella colonizzazione della Palestina. Tutto quel che punta a deviarli da questo orizzonte va fatto fallire, incluso al prezzo di centinaia di vittime innocenti nella Striscia di Gaza, incluso al prezzo di disgregare e sconvolgere la vita quotidiana di centinaia di migliaia di israeliani.

 

Sconfitta per Israele, prestigio per Hamas

Per Netanyahu, il problema è che, con la risposta di Hamas, non solo ha contribuito a risollevare il prestigio dell’organizzazione islamica – a spese di Abbas, il che danneggia enormemente i calcoli statunitensi – ma che al posto di una vittoria israeliana, ci si ritrova con un pareggio… che di fatto equivale alla sconfitta israeliana. È proprio di fronte a un bilancio del genere che si levano voci, all’estrema destra del governo di estrema destra israeliano, che chiedono l’offensiva di terra, conquistare cioè la Striscia di Gaza e occuparla per un periodo indeterminato.

Se non fossimo consapevoli del prezzo esorbitante che pagherebbe la popolazione di Gaza per una simile avventura, avremmo voglia di dire al generale Amidror, che è alla testa della campagna per un’operazione di terra: scommettiamo! Andate pure a Gaza! Se non aveste la memoria incrostata dall’arroganza, vi ricordereste del Libano e di quanto costi occupare una zona la cui popolazione ha dimostrato a più riprese che cosa stia a significare il termine resistenza.