L’ultima riunione del Comitato centrale di SYRIZA [28 febbraio –1° marzo 2015] ha ricordato in molte istanze e gruppi che tipo di partito è SYRIZA: un’ampia rete politica di militanti che nel corso degli ultimi anni è stata «plasmata» da tutte le lotte di resistenza all’austerità; un partito «segnato» dalla ricerca di un orientamento di transizione [in una situazione che non è rivoluzionaria] e che cerca vittorie politiche e sociali; un partito la cui «base», la grande maggioranza dei suoi membri, porta in sé le prospettive della messa in atto concreta delle rivendicazioni democratiche; un partito che ha contribuito ad aprire la via alla liberazione socialista completa della società.
Un tale partito non può essere tranquillamente trasformato in «strumento» di applicazione di politiche di austerità, sotto nessun pretesto, anche in circostanze drammatiche.
Il governo che «ha come colonna vertebrale SYRIZA», nei negoziati del febbraio 2015, si è trovato di fronte una doppia trappola che è stata preparata con azioni coordinate della coalizione perdente di Samaras e Venizelos [Nuova Democrazia e Pasok] e soprattutto delle«istituzioni» europee, vale a dire la Commissione europea e la BCE, in tandem con l’FMI. Ancora prima che il governo prendesse in carico i ministeri, prima di acquisire la minima esperienza di «governance» e prima di stabilire un minimo di controllo sui meccanismi dello Stato, si è trovato di fronte a due sfide pericolose. Da una parte, la possibilità di un collasso immediato delle banche [uscita massiccia di capitali]. Dall’altra,la grande difficoltà di disporre di fondi pubblici per finanziare – insieme – il servizio del debito e anche i salari, le pensioni, le spese sociali elementari…
Di fronte a questo doppio pericolo, il governo ha fatto un passo indietro. Non c’è nessuna ragione né possibilità di abbellire l’accordo raggiunto a febbraio e la lista delle «riforme» alle quali il sig. Yanis Varoufakis [ministro delle Finanze] si è impegnato. Se il governo sceglie di – o si trova obbligato a – «onorare» questo accordo, avrà rinunciato all’impegno in una politica contro l’austerità. La stessa cosa si produrrà nel «partito SYRIZA» se gli si domanda di sostenere sul piano politico e organizzativo, verso la popolazione, il contenuto di questo accordo amaro.
Come ha sostenuto a giusto titolo Kostas Lapavitsas nel suo articolo sul quotidiano The Guardian [http://www.theguardian.com/commentisfree/2015/mar/02/austerity-greece-euro-currency-syriza], la trappola di febbraio non era «congiunturale». Le «istituzioni» (UE,BCE,FMI) hanno organizzato l’accordo in modo che questo dilemma pesi sul governo in permanenza. Le sue decisioni dovranno confermare questa linea ogni settimana, fino al giugno 2015, momento in cui la «scelta» prenderà le sue dimensioni strategiche: il fallimento o un nuovo memorandum?
Le decisioni prese dal governo dovranno chiarire la contraddizione con gli impegni assunti da SYRIZA nelle elezioni. In primo luogo abbiamo un impegno sincero che riguarda la promessa di rovesciare l’austerità. In secondo luogo, abbiamo promesso che la cosa può avvenire agevolmente, in «sicurezza» dentro la zona euro. La seconda parte della retorica elettorale della direzione di SYRIZA si dimostra oggi irrealista o persino utopica.
È importante sottolineare che le conseguenze di una scelta non saranno limitate all’ambito della politica socio-economica, ma saranno direttamente riflesse al livello politico, istituzionale e governativo. La domanda sarà la seguente: chi assumerà – e con chi – la responsabilità del potere governativo? Il consolidamento dell’arretramento, e ancor più la sua regolarizzazione con un accordo definitivo con le «istituzioni» [nei fatti la troika] aprirà inevitabilmente, a più o meno breve scadenza, la via a un governo di unità nazionale, sotto una forma o un’altra. Si tratterà allora dell’annullamento definitivo del progetto politico «governo di sinistra», elaborato dal congresso fondatore di SYRIZA.
Questa evoluzione deve essere impedita. Questo compito tocca certo principalmente al partito SYRIZA e al governo. Dobbiamo trovare la forza e il modo di disobbedire all’accordo, di rovesciarlo nella pratica, di mettere in atto la politica anti austerità e di costruire alternative al finanziamento e in generale ai dilemmi soffocanti. Le risposte a questa domanda spinosa sono strettamente legate ad altri aspetti delle decisioni della conferenza di SYRIZA (luglio 2013). Come quella che chiedeva «la soppressione della maggior parte del debito» e quella che dichiarava che la società non può più fare «nessun sacrificio per l’euro», spiegando che la politica contro l’austerità sarà difesa con tutti i mezzi necessari da parte nostra…
Questo compito tocca anche all’«altra» sinistra, che in Grecia conserva forze significative. Questa dovrebbe affrontare il governo con le sue rivendicazioni sui salari, le pensioni, la scuola pubblica e gli ospedali, ma anche suggerendo che, nella pratica, c’è «un altro modo» di affrontare i creditori, al di là dell’aperta capitolazione. Questa relazione politica con «l’altra sinistra», l’unica alleanza politica normale nelle drammatiche circostanze di oggi, deve essere sistematicamente e coscientemente facilitata da SYRIZA.
Ma questo compito tocca anche alla sinistra internazionale e soprattutto alla sinistra europea. In Spagna, in Francia, in Italia, anche in Germania, devono essere prese iniziative politiche per impedire alle «istituzioni» di strangolare e rovesciare il governo in Grecia. Tali iniziative devono ugualmente essere proposte e sostenute dal partito SYRIZA che gode attualmente di un prestigio internazionale significativo.
Nelle prossime settimane e al più tardi nei prossimi mesi, si deciderà se questo primo tentativo di rovesciare l’austerità sopravvivrà nell’Europa del neoliberismo.
Articolo pubblicato nel quindicinale Labour Left di DEA (Sinistra operaia internazionalista), scritto il 3 marzo 2015.