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mariabolari«Abbiamo vinto una battaglia ma non la guerra, i negoziati difficili sono davanti a noi», ha sottolineato nel suo discorso il Primo Ministro e Presidente di SYRIZA, Alexis Tsipras. Non sono d’accordo, tutto al contrario. Man mano che le ore passano e che «il contenuto dell’accordo con l’Eurogruppo diventa più chiaro», penso che abbiamo perso una battaglia importante. Viceversa, è sempre possibile vincere la guerra.

A condizione che il governo, anche all’ultimo momento, presenti al tavolo dei negoziati le vere «linee rosse» che non si possono oltrepassare, quelle indicate nelle elezioni vittoriose.

In questo senso, il ruolo dei membri e dei dirigenti di SYRIZA sarà determinante. Dovranno, nelle discussioni interne, esigere da parte della direzione del partito e del governo, la messa in atto delle decisioni della conferenza di SYRIZA (luglio 2013) e dei suoi impegni elettorali e delle sue dichiarazioni politiche.

Si sono già scritte sui siti della sinistra, e non solo, molte cose che spiegano perché gli accordi conclusi all’Eurogruppo ( i ministri delle Finanze dell’UE) costituiscono un grave rovescio per il governo, un’inversione del suo impegno per l’abolizione del memorandum e delle misure di austerità. Vari compagni hanno scritto articoli sulla necessità per il governo di guadagnare tempo, e su quel che si deve fare per opporsi all’estorsione e alla guerra scontate che l’UE, il FMI e la classe dirigente locale conducono e condurranno. Quel che si deve fare per rispondere alle pressioni e alle difficoltà annunciate. Credo che non siano i soli «saggi». I compagni economisti di SYRIZA, ad esempio il compagno Giannis Dragasakis [vice primo ministro e che fu ministro a nome del KKE (PC) in un governo di coalizione con la destra nel 1990], hanno certamente delle conoscenze economiche e tecniche. Ma la questione è e rimane una questione di opzioni politiche.

Tengo a ricordarvi che molte persone, compresa me stessa – quando è stato presentato da Tsipras il programma alla Fiera Internazionale di Salonicco (14 settembre 2014) – ritenevano che il tono di classe, la posizione a favore delle classi lavoratrici, è quello che gli ha dato slancio e ha costituito un baluardo contro la paura coltivata dalla classe dirigente e dai grandi media. Una dinamica che, secondo noi, poteva poi essere sviluppata con opzioni supplementari.

Teniamo presente che i «pilastri» del programma di Salonicco possono esistere solo se noi li costruiamo in modo unitario. Solo se l’uno dipende dall’altro. Abbiamo chiesto misure complementari. Non misure arroganti, del tipo: che gli €751 passino a €1400. No. Perché conoscevamo la realtà, sapevamo qual era il rapporto di forza che si era formato dopo cinque anni di crudele austerità, di svalutazione interna, e di applicazione della «legge» dei padroni. Abbiamo, ad esempio, proposto un programma di coraggiosi investimenti pubblici, capace di assorbire l’elevato livello di disoccupazione. In modo che esista una reale possibilità di applicare un salario minimo di €751 e il ripristino dei contratti collettivi di settore, che liberino la mobilitazione. Soprattutto si esercitava una critica essenzialmente perché la «narrazione» della direzione di SYRIZA si sviluppava in un ambiente «normale», senza controversie, conflitti e rotture con l’UE e gli interessi della classe dominante.

Abbiamo lottato senza reticenze, nel quadro di SYRIZA, per assicurare la sua vittoria elettorale. Pienamente coscienti di ciò che è in gioco in Grecia e in Europa per la sinistra e la classe operaia. Avendo fiducia nel suo orientamento radicale, nelle sue esperienze e nelle realizzazioni della base militante e umana di SYRIZA. Con lo sguardo rivolto al movimento, insistendo sulle iniziative adatte a stimolare la mobilitazione sociale.

Abbiamo mantenuto lo stresso atteggiamento dopo la formazione del governo con ANEL [Greci indipendenti]. Ma abbiamo considerato che la proposta e l’elezione di Prokopis Pavlopoulos a presidente della Repubblica era uno sviluppo negativo. Ci «avvertiva» che per la riunione dell’Eurogruppo noi non ci preparavamo per un grande scontro – dico «noi» per sottolineare la nostra identificazione con SYRIZA – ma per una rapida ritirata.

Non mi rallegro per questa conferma. Dopo tutto, 14 anni dopo la manifestazione internazionale di Genova [vertice del G8 a Genova nel 2001] e la creazione del Forum sociale greco, 11 anni dopo la prima presentazione di SYRIZA alle elezioni, dopo tante battaglie politiche e sociali, si parla dell’influenza della mia organizzazione – DEA (Sinistra operaia internazionalista) – e non solo, di molte frazioni della sinistra riformista, radicale e rivoluzionaria e delle persone che le compongono.

Ma soprattutto, ed è quanto voglio segnalare: le poste in gioco sono enormi, possono e devono essere oggetto di una vittoria. Dobbiamo e possiamo invertire la tendenza che si è affermata negli ultimi giorni. È possibile. Lo abbiamo descritto bene nei nostri testi collettivi. Ai nostri «partner» possiamo dire che gli accordi non sono accettati dalle persone che hanno votato per noi. Perché infine la frase, spesso espressa dai nostri ministri, che la democrazia conta, prenda un senso.

Capisco che alcune persone diranno che non è possibile. Che diventeremo oggetto di riso, che perderemo il nostro potere di negoziato. Si rendano conto che presto non ne resterà alcuna traccia, perché i nostri nemici ci considereranno avversari deboli, com’erano i precedenti. E alle persone dobbiamo dire che ci abbiamo provato, nel modo che consideravamo più agevole, meno doloroso. Ma che non ha dato risultati. Quindi dobbiamo dire loro che tutte e tutti insieme dobbiamo applicare l’opzione: «non un solo passo indietro». E infine bisogna spiegare loro quello che hanno sempre chiesto di imparare, in una forma o in un’altra: come possono utilizzare le loro forze per resistere e vincere.

 

PS (1). Alcuni, in risposta alla dichiarazione di Manolis Glezos [Manolis Glezos: limiti insuperabili] – che secondo me è di una semplicità, onestà e coraggio sconvolgenti – hanno detto che lui è piuttosto male informato. Questi sottovalutano i decenni di esperienza di un membro della sinistra che dopo un grande percorso politico ha una grande perspicacia e chiaroveggenza. Penso che questi devono fare il punto sulla loro propria esperienza nella sinistra e semplicemente confrontare i testi dell’accordo con l’Eurogruppo da un lato, e dall’altro non solo le decisioni della conferenza di SYRIZA, ma anche quelle di Salonicco e gli impegni elettorali e le decisioni programmatiche. Tale confronto basta a confutare le loro dichiarazioni. M.B.)

 

PS. (2). Se fossi eletta al parlamento, avrei fatto quello che ha fatto Gianna Gaitani. Vedi sul sito la dichiarazione di Gianna Gaitani in Inquietudine in Syriza

 

* Maria Bolari è membra del Comitato centrale di SYRIZA, membra di DEA ed ex deputata della Prima circoscrizione di Atene.