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hsbcTra le tante canagliate della Troika e della Commissione Europea contro la Grecia, probabilmente quella più cinica è stato nascondere che tutto il danaro di cui hanno ora bisogno i greci sta in paradisi fiscali, portato fuori dal paese per evadere il fisco da quei magnati che tanto sostengono la Merkel e Rajoy.

Concretamente, solo quello che questi potentati nascondono in conti svizzeri ammonta a circa 80 miliardi di euro – esattamente la cifra che si sta negoziando per il terzo “salvataggio” greco -, stando agli esperti consultati dal programma “Rundschau” (Panorama) della radiotelevisione svizzera (SRF).

Per meglio dire, i fondi greci occultati in Svizzera possono persino equivalere anche al doppio o al triplo di tale cifra, visto che le stime riportate dal quotidiano Neue Zürcher Zeitung am Sonntag di Zurigo sull’ammontare del denaro greco trasferito nel paradiso fiscale elvetico oscillano tra i 2 e i 200 miliardi di euro! Una forcella astronomica, che mostra come la segretezza del governo svizzero abbia consentito il saccheggio dei fondi pubblici greci che ha mandato in rovina il paese (evidentemente il suo fallimento non è dovuto allo sperpero in pensioni e pensionamenti anticipati, come vogliono farci credere i nostri governanti). Quei favolosi patrimoni, infatti, non versano un centesimo di quelle imposte che l’UE pretende che vengano scaricate sulla già pauperizzata popolazione greca.

È impossibile calcolare esattamente quanto danaro sia stato sottratto alle casse pubbliche greche con la massiccia fuga di capitali scatenatasi a partire dal 2010, quando venne reso pubblico che il governo conservatore di Nuova Democrazia aveva nascosto il suo colossale debito pubblico nel 2001, con la consulenza della Goldman Sachs, per poter entrare nell’euro. Quell’emorragia economica si è provocata in un paziente già dissanguato dalla sfrenata evasione fiscale: nel 2009, una notizia dell’Helvea Bank stimava che il 99% degli oltre 23 miliardi di euro depositati da miliardari greci in conti svizzeri non fossero mai stati dichiarati al fisco. E, questo, solo in depositi bancari, senza tener conto delle altre molteplici forme di investimenti in Svizzera (azioni, buoni, immobili, fondazioni, trusts, fondi…).

Naturalmente, non è che le autorità greche ignorassero un simile saccheggio della ricchezza della Grecia, tutt’altro: nel 2010, Christine Lagarde (allora ministra francese delle Finanze e oggi direttrice del FMI) consegnò al suo collega del governo di Atene, Giorgios Papaconstantinu, i 2.059 nomi greci della famosa Lista Falciani (quella trafugata dal dipendente informatico della HSBC, con i nomi di decine di migliaia di responsabili di frode fiscale europei con conti segreti nella succursale di Zurigo di quella banca internazionale). Nell’elenco greco figurano un ex ministro della Cultura, vari alti funzionari del ministero delle Finanze e numerosi dirigenti dell’associazione dei datori di lavoro, tra molti altri grandi imprenditori ed eminenti politici).

Il governo greco, tuttavia, non solo nascose quell’elenco e se ne rimase a braccia conserte – nonostante la lista rivelasse che una sola famiglia, la famiglia Papandreu, occultava in quella succursale 500 milioni di euro – , ma due anni dopo, quando la rivista Hot Doc pubblicò i nomi, la Procura della Repubblica greca si affrettò a ordinare l’arresto del direttore della pubblicazione, il giornalista investigativo Kostas Vexavanis, per violazione della privacy di quegli evasori. Di più, l’anno scorso si scoprì che il ministro Papaconstantinu aveva cancellato dalla lista originale i nomi della cugina Eleni e di suo marito e quello del marito della sorella, Marina, che possedevano conti milionari in quella succursale dell’HSBC.

“La cosa più interessante è perché la Grecia, di tutti i paesi che ricevettero quell’elenco [Falciani], fu l’unica a non utilizzarla” per recuperare il patrimonio frodato, scrisse il notista politico Pavlos Tsimas nel numero domenicale del quotidiano greco Ta Nea. E responsabile di tale omissione non fu solo il socialista Papaconstantinu (che negoziò il criticato primo Memorandum greco che sottopose il paese a una devastante austerità), ma anche il suo successore nell’incarico di ministro delle Finanze, Evangelos Venizelos, ex leader del PASOK, come pure il successivo governo conservatore di Antonio Samaras, grande amico e alleato di Rajoy.

Non crediamo però che solo il bipartitismo greco (Nuova Democrazia-PASOK) si sia dato da fare a coprire i grandi evasori fiscali che mandano in rovina le casse pubbliche. I governi laburista e conservatore britannici, ad esempio, ignorarono i 7.000 conti della Gran Bretagna che figuravano nella lista Falciani: in otto anni, venne processato solo uno di questi 7.000 evasori, stando alla BBC, mentre si è consentito che nel frattempo quei potentati trasferissero in altri paradisi fiscali un centinaio di miliardi di euro, un enorme patrimonio sottratto al fisco britannico grazie all’inattività di quei governanti che, al tempo stesso, moltiplicavano la pressione fiscale sui lavoratori, cui riducevano servizi e sovvenzioni con l’argomento della carenza di fondi pubblici.

La Svizzera però è solo uno dei 74 paradisi fiscali del pianeta, dove si stima (calcoli di Wall Street) che si nascondano 32.000 miliardi di dollari (il totale del PIL spagnolo di qui al 2045), un’accumulazione gigantesca di capitale, che per giunta aumenta ogni anno di ulteriori 1.000 miliardi di dollari. È da questo spaventoso stock monetario, frodato alle casse pubbliche, che proviene il denaro dei “mercati” con cui si indebitano gli Stati e che va religiosamente rimborsato con sacrifici e penuria dai cittadini, secondo la dottrina semireligiosa dell’austerità neoliberista.

Qualcuno crede ancora che il debito pubblico sia legale, morale o legittimo?

 

* Carlos Enrique Bayo:direttore di Público, è stato caporedattore Esteri del giornale. È stato corrispondente a Mosca (1987-1992) e a Washington (1992-1996), nonché principale responsabile Esteri di cinque diversi periodici, e inviato speciale nei conflitti di Afghanistan, Cambogia, Vicino Oriente e Armenia-Azerbaigian.