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Comunicato dell’Articulación de movimientos sociales y OSC Nicaragua

Malgrado l’attacco – a metà mattinata del 13 luglio 2018, dell’Università nazionale autonoma del Nicaragua (UNAN) di Managua e degli studenti che l’occupavano– da parte di milizie paramilitari, conosciute con il nome “paramilitari del governo”, armati di fucili Dragounov [fucili speciali per cecchini, costruiti anche in Venezuela] e dei kalachnikovs; e malgrado il fatto che queste forze hanno bruciato il centro di sviluppo per i bambini Arlen Siu [dal nome di una martire sandinista, morta in un’imboscata a vent’anni, nel 1975] e una parte del padiglione 68 dell’UNAN, noi continuiamo a avanzare!

Malgrado il fatto che le autorità universitarie abbiano autorizzato che la legge 89 sull’autonomia universitaria fosse violata nonostante il fatto che gli studenti, prima dell’attacco, abbiano negoziato l’uscita dall’edificio con la Conferenza episcopale del Nicaragua e la Commissione di verifica del dialogo nazionale, Gerald Vásquez e Ezequiel Gutiérrez sono stati assassinati dalla banda Ortega-Murillo. Questo attacco brutale dell’orteguismo e i suoi piani di sterminio –con spari a altezza della testa- non ci abbattono e noi continuiamo ad avanzare!

Malgrado il fatto che un numero importante di studenti feriti siano stati sequestrati negli ospedali e arrestati dalla Polizia nazionale; che ogni giorno le madri bussino alle sbarre della sinistra prigione «El Chipote» [Managua] con la paura di vedere i loro figli torturati; che più di 200 perosne siano tutt’ora dichiarate scomparse; che dei giovani siano arrestati, delle donne colpite e sequestrate nelle strade con la complicità della polizia dell’orteguismo, noi continuiamo ad avanzare!

• Venerdì 13 luglio, i contadini “autoconvocati” che si sono riuniti attorno al tranque [barricata] all’entrata di Juigalpa [capitale del dipartimento di Chontales] hanno negoziato con il Centro nicaraguense dei diritti umani (CENIDH), la Chiesa cattolica, la polizia e la società civile lo sgombero della strada, convinti che quest’azione permettesse una soluzione pacifica e favorevole al dialogo nazionale, le tranques del governo non sono, invece, state sgomberate e l’accordo non si è concretizzato.

• Sabato 14 luglio, l’offensiva del governo Ortega-Murillo, dei sui poliziotti e paramilitari, si è abbattuta, venendo da tre direzioni, sui contadini “autoconvocati” che si era riuniti attorno tranque dell’incrocio di Lóvago [a 150 km da Managua]. Avevano deciso di ritirarsi ed erano sulla strada del ritorno per la loro comunità quando sono caduti in un’imboscata sulla strada Managua-El Rama, prima di raggiungere Santo Tomás.

Malgrado il fatto che Medardo Mairena e Pedro Mena, dirigenti del Movimento contadino in difesa del Lago Nicaragua e della sovranità [di fronte al progetto di canale transoceanico in mano a una holding cinese], siano stati illegalmente arrestati; che dei dirigenti contadini siano dovuti scappare sulle montagne e siano stati inseguiti dalla polizia e da “civili armati”; che Gabriel Mairena, fratello del dirigente Medardo Mairena sia stato ferito alla pancia; che molestino e minaccino le famiglie di centinaia di prigionieri accusati di crimini mai commessi, noi continuiamo ad avanzare!

• Domenica 15 luglio, la carovana «Siamo tutte e tutti Masaya» [manifestazione in risposta alla carovana governativa improvvisata dalle forze dell’orteguismo che mimavano in ritardo la ripetizione della “ritirata” del giugno 1978 da Managua a Masaya, in occasione del processo rivoluzionario] ha dimostrato che il popolo è capace di dimostrare la sua solidarietà, allorché i paramilitari attaccavano Diria [municipalità del dipartimento di Granada], Niquinohomo [dipartimento di Masaya], Masaya, La Flores [all’entrata di Masaya], o cercavano di prendere Monimbo [quartiere di Masaya simbolo storico della resistenza contro i poteri dittatoriali], il popolo eroico non ha permesso a Ortega di entrare in questo quartiere, in occasione della sua “ritirata da operetta”. Ha dovuto consolarsi abbracciando l’assassino Ramon Avellan [capo della polizia inviato a Masaya] nominato al rango di generale nel commissariato di polizia dove era recluso.

• Continuiamo ad avanzare affinché il popolo del Nicaragua continui, nelle strade, a esigere ad alta voce: «Che se ne vada! Che se ne vada adesso!» Queste carovane riunite sotto la parola d’ordine «Basta repressione», che percorrono le strade di Managua, di Matagalpa, d’Ocotal, di Chinandega e di Somoto, traducono la decisione popolare di un popolo nicaraguense che non accetterà mai più di vivere sotto una dittatura.

Managua, 16 luglio 2018 (Traduzione A L’Encontre)

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Martedì 17 luglio 2018. Attacco su Monimbó

Dalle prime ore di questa mattina, martedì 17 luglio 2018, i paramilitari, la polizia e le forze «antisommossa» legate al governo Ortega-Murillo hanno iniziato un’offensiva contro il quartiere indigeno della città di Masaya: Monimbó. In alcune dichiarazioni pubbliche, il capo della polizia, presente nel commissariato di Masaya, Ramón Avellán, afferma che il suo superiore, Ortega-Murillo, gli ha ordinato di prendere il controllo totale di Masaya, di Monimbó e della regione circostante «a qualsiasi prezzo». In altre parole, il potere dittatoriale ha deciso di aumentare la repressione. Lo scopo è il seguente: Ortega vuole poter annunciare il 19 luglio – il giorno del 39° anniversario della rivoluzione sandinista – il trionfo militare contro la protesta civica iniziata il 18 aprile 2018.

Ortega-Murillo non «dialogheranno» e non negozieranno, dato che il binomio al potere pensa di aver vinto. Ha smantellato le barricate (tranques), eliminato numerosi dirigenti delle tranques, la popolazione è terrorizzata. Non c’è pressione internazionale, ad eccezione di alcuni comunicati dell’OEA, dell’Unione europea, degli Stati Uniti e di alcuni presidenti latino-americani. Questi comunicati non lo tormentano. Non l’intimidiscono. Continuerà nella sua strategia: reprimere, uccidere, tiranneggiare la popolazione. Per Ortega-Murillo, è solo una questione di tempo prima di aver ripreso il controllo della crisi sociopolitica.

Ha optato per un’«uscita dalla crisi» alla Pinochet: che implica morti, feriti, prigionieri politici, sparizioni e crollo dell’economia nicaraguense (più povertà, più disoccupazione, più recessione). Le forze governative potranno entrare a Monimbó perché dispongono della forza militare, ma non potranno governarla.

(Redazione A l’Encontre, sulla base delle informazioni ricevute la sera del 17.7.2018 alle 21.00)