Presentato il 14 giugno, il programma economico dell’alleanza di sinistra è un classico programma socialdemocratico: pone l’accento sul ruolo dello Stato, sulla lotta contro le disuguaglianze e sullo smantellamento delle riforme messe in atto da Macron.
La parte economica del “contratto di legislatura” presentato dal Nouveau Front Populaire (NFP) non è un vero e proprio programma. Non vi si trovano dati utili a calcolarne i costi, ma rappresenta il naturale corollario di una campagna elettorale che sarà assai breve. Il contratto prevede invece una serie di azioni pianificate seguendo un calendario in tre fasi: le prime due settimane, i primi 100 giorni e il resto della legislatura.
Questa divisione cronologica permette di mettere in evidenza le priorità e di mettere in atto un’azione che ponga le basi per decisioni di più ampio respiro. In questo senso, il progetto non viene meno all’ambizione di trasformazione che ne costituisce la sua terza parte. Ma tiene conto della situazione politica e sociale, che richiede innanzitutto di soccorrere un paese che è stato sottoposto alla violenza neoliberale per quasi quindici anni.
Difendere il tenore di vita
La prima fase potrebbe quindi essere qualificata come “difensiva”; l’obiettivo è quello di porre fine alla violenza neoliberista dell’era Macron adottando misure protettive e rimettendo in discussione alcune riforme. Verranno quindi abrogate la riforma delle pensioni del 2023 e la riforma dell’assicurazione sulla disoccupazione (non vi sono indicazioni sulle tre riforme precedenti).
La protezione, invece, comporterà il tentativo di controllare l’inflazione “congelando i prezzi di beni essenziali come prodotti alimentari, energia e carburante”. Nel settore agricolo, il prezzo minimo garantito verrà compensato da una tassa sui super-profitti dell’agroalimentare e della grande distribuzione, evitando il circolo vizioso dei profitti imprevisti che hanno fatto lievitare i prezzi nel 2022 e 2023.
La questioni di fondo oggi rispetto al tenore di vita è, più ancora che l’attuale aumento dei prezzi, il livello raggiunto negli ultimi tre anni in relazione all’evoluzione dei salari. Per questo le misure avanzate si concentrano innanzitutto sull’aumento dei redditi: l’innalzamento della pensione minima di vecchiaia al livello della soglia di povertà, l’aumento del salario minimo a 1’600 euro netti e un aumento del 10% del punto di indicizzazione per i dipendenti pubblici.
Si tratta di una politica che potremmo definire “riparatrice”, tesa a compensare il calo del tenore di vita causato dall’inflazione a partire dal 2021. Queste prime misure possono sembrare relativamente modeste, e lo sono; ma sono anche le uniche che possono essere adottate rapidamente con una decisione del governo. Tuttavia, dato lo stato disastroso del settore del commercio al dettaglio in Francia, queste misure rappresentano un sostegno temporaneo all’attività nelle prime settimane.
I primi 100 giorni del governo del Nouveau Front Populaire dovrebbero vedere un’estensione delle misure di sostegno all’economia. L’Unione delle sinistre propone di ripristinare entro tre mesi l’indicizzazione dei salari all’inflazione, parallelamente all’organizzazione di una grande “conferenza sociale sui salari, l’occupazione e le qualifiche”. L’articolazione tra queste due misure rimane in gran parte da definire e il piano non specifica quali saranno gli obiettivi della conferenza. Una cosa è certa: dopo quattro decenni di neoliberismo, lo Stato dovrà sostenere fermamente gli interessi dei salariati contro il tentativo di ricatto sull’occupazione che assai presto il capitale comincerà a diffondere.

L’indicizzazione dei salari all’inflazione arriverà indubbiamente un po’ tardi, ma rappresenterà una garanzia minima per i salariati a tutela del loro tenore di vita. Avrà una dinamica inflazionistica o recessiva visto che andrà a pesare sui profitti? Non è detto. In ogni caso eviterà un calo dei consumi, come è avvenuto in Francia nel 2023, e quindi garantirà quindi alle imprese nazionali sbocchi sul mercato interno.
Certo, senza un aumento della produttività potrebbe esserci un effetto inflazionistico. Ma anche in questo caso l’indicizzazione dei salari all’inflazione, facendo pressione sulla redditività delle imprese, rappresenterebbe un incentivo diretto a investire e a migliorare la loro produttività, riducendo la parte del costo del lavoro sui costi totali.
Varrà la pena ricordare che quarant’anni di politiche neoliberiste hanno avuto la pretesa di migliorare gli aumenti di produttività, mentre in realtà hanno portato a una riduzione della produttività. Nel caso della Francia, i massicci sostegni al capitale e la riduzione del costo del lavoro hanno addirittura avuto un effetto disincentivante, privilegiando gli impieghi a bassa produttività, che ha portato a un risultato inedito negli ultimi decenni, e cioè a un calo significativo e duraturo della produttività.
Pianificazione ecologica e uguaglianza fiscale
Il progetto del NFP non è né “antieconomico” né economicamente “assurdo”, anche se, come vedremo, può suscitare alcune riserve. Esso, in particolare, scommette sul fatto che il motore della ripresa della produttività non risieda nel sostegno cieco al capitale, ma nel sostegno ai salari e in un’ambiziosa politica di investimenti pubblici.
A questo proposito, il NFP intende effettuare investimenti ambiziosi, in particolare nel settore della trasformazione ecologica. Il sostegno alle economie domestiche sarà “rafforzato”, permettendo così di garantire “l’isolazione completa delle abitazioni”, la ristrutturazione degli edifici pubblici sarà “accelerata” e i settori della produzione di energie rinnovabili francesi ed europee saranno “rafforzati”. Quest’ultimo punto rimane ancora piuttosto vago e dovrebbe essere precisato nella fase successiva, dopo quella dei 100 giorni.
In questa fase, il NFP propone una politica di “ricostruzione industriale per porre fine alla dipendenza della Francia e dell’Europa in settori strategici”, che sarà accompagnata dall’inclusione in questa strategia industriale di aiuti pubblici alle imprese, i quali a loro volta saranno sottoposti a criteri ambientali e sociali. Verrà costituito un polo pubblico bancario che, attraverso la raccolta del risparmio, permetterà di finanziare questa politica. A parte quest’ultimo elemento, non siamo molto lontani da obiettivi assai simili a quelli difesi con i suoi piani da Joe Biden negli Stati Uniti, che ha istituito un sistema di allocazione degli investimenti e degli aiuti, accompagnato da misure protezionistiche (difese dal NFP sotto forma di una “tassa chilometrica sui prodotti importati”). Tutto ciò è totalmente diverso dalla politica di immissione di denaro nelle imprese realizzata da Emmanuel Macron.
Questo polo bancario pubblico non rappresenta un aspetto marginale. Si tratta di un modo per aggirare il “privilegio esorbitante” che il dollaro rappresenta per gli Stati Uniti. L’idea è quella di affidarsi il meno possibile ai mercati finanziari per finanziare misure cruciali e urgenti, facendo invece capo all’abbondante fonte rappresentata dal risparmio delle famiglie.
Naturalmente, per rendere attrattivo questo polo pubblico, il NFP dovrà esercitare un controllo sulla finanza, proponendo di regolamentare gli investimenti bancari e di introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie. Allo stesso tempo, le finanze pubbliche saranno rafforzate, a partire dai primi cento giorni (la bozza cita la data simbolica del 4 agosto), mettendo in discussione le politiche fiscali anti-redistributive dell’era Macron.
Questo progetto di una legge finanziaria correttiva prevista per il 4 agosto reintrodurrà l’imposta di solidarietà sul patrimonio (ISF) “rafforzata da una componente climatica”, che potrebbe colpire le attività più dannose per l’ambiente. Verrà inoltre reintrodotta la “exit tax” sulle plusvalenze derivanti dalla vendita di aziende delocalizzate all’estero, abolita da Emmanuel Macron. Il piano del NFP propone anche di abolire “nicchie fiscali inefficienti, ingiuste e inquinanti”.
Queste misure non sono destinate solo a finanziare la politica proposta, ma anche a ridurre le disuguaglianze, le cui conseguenze dannose sull’economia sono state ampiamente documentate. Ad esempio, si proporrà di rendere più progressiva l’imposta sul reddito, con quattordici scaglioni (rispetto ai cinque attuali), che renderanno meno violenti gli effetti degli aumenti salariali. Anche la CSG (Contribuzione sociale generalizzata) sarà più progressiva (oggi ci sono solo alcune aliquote differenziate in casi particolari). Infine, l’imposta di successione sarà più progressiva e sarà mirata ai patrimoni più elevati, con l’introduzione di un’imposta di successione massima.
Un progetto irrealistico?
Questo progetto dovrà ancora essere precisato e, forse, la campagna elettorale potrà essere l’occasione per farlo; tuttavia esso ha il merito di indicare una rotta. E fin dall’inizio sarà importante rintuzzare le critiche della destra e dell’estrema destra, che giocheranno sui classici argomenti dell’impossibilità e della pericolosità di questo progetto. Il ricorso a questo tipo di argomentazioni è già stato lanciato dal ministro dell’Economia e delle Finanze, Bruno Le Maire, il 14 giugno su France Info, che, senza aver visto la bozza di programma – pubblicata tre ore dopo, già prevedeva “il ritorno della disoccupazione di massa” in caso di attuazione.
La realtà è che, di fronte a progetto, le due alternative in campo non sono più ragionevoli, tutt’altro. Lasciamo subito perdere il progetto del Rassemblement National (RN), che si basa sullo sfruttamento economico delle minoranze e sulla discriminazione, senza indicare alcun serio finanziamento della spesa, assai in linea con la continuità neoliberista. Ma, dall’altro lato, il campo macronista è in grado di dare lezioni in questo terreno?

L’attuale maggioranza presidenziale passa il tempo a vantarsi del suo “successo economico”, ma si tratta di una chimera. Il calo della disoccupazione si spiega in gran parte con la diminuzione della produttività e con i sussidi pubblici alle imprese che finanziano i bassi salari. La politica perseguita dal 2017 ha portato a un chiaro e costante deterioramento delle finanze pubbliche, indebolendo le entrate attraverso i sussidi fiscali alle imprese. La crescita, nonostante sia stata elevata a virtù cardinale dalla maggioranza uscente, è a mezz’asta: il PIL dell’ultimo trimestre è ancora inferiore dell’1,8% rispetto a quello che sarebbe stato se fosse proseguito il trend 2009-2019. E questo nonostante i miliardi iniettati. Ma, come abbiamo visto, la crisi del tenore di vita, per contro, c’è tutta.
Per risolvere questa situazione inestricabile e di fronte al deterioramento storico della produttività, l’unica proposta della maggioranza uscente è la repressione sociale attraverso l’austerità e la riduzione dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Questo è l’unico modo per ristabilire una forma di politica consensuale all’interno del capitale tra coloro che beneficiano degli aiuti pubblici e coloro che vogliono garanzie sul rimborso del debito pubblico. Questa politica è già in fase di attuazione: dopo la riforma delle pensioni nel 2023 e il taglio del bilancio di 10 miliardi di euro all’inizio del 2024, il governo non può promettere altro che una nuova riforma dell’assicurazione contro la disoccupazione e ulteriori massicci tagli al bilancio.
La retorica delle “riforme dolorose ma necessarie” è un classico del neoliberismo, ma dopo sette anni di Emmanuel Macron all’Eliseo è chiaramente in difficoltà. Semmai, questa dissoluzione nel panico dimostra il palese fallimento di questa politica e il suo massiccio rifiuto da parte della popolazione francese. In questo senso, le lezioni economiche dei sostenitori del capo di stato riflettono più le posizioni di classe di chi le formula che la realtà.
Il progetto del Nouveau Front Populaire prende atto di questo fallimento e cerca in parte ispirazione nella politica di Joe Biden. È un progetto keynesiano e socialdemocratico che mira a riequilibrare la distribuzione della ricchezza e a stimolare gli investimenti attraverso la domanda e la spesa pubblica.
Gli ostacoli
Tuttavia, questo percorso non è privo di ostacoli. Considerato lo stato del capitalismo, è difficile immaginare che qualsiasi politica economica sia una passeggiata. Il problema non è lì, ma nelle priorità che vengono poste: si devono proteggere prima i salariati, e tra questi i più deboli, o si deve favorire il processo di accumulazione del capitale? Si deve rendere l’ecologia una priorità assoluta rispetto alla crescita? Sono domande con le quali sarà inevitabilmente confrontato un eventuale governo di sinistra.
La politica sostenuta dal NFP rompe con l’alleanza suggellata dal macronismo tra capitale finanziario e capitale industriale che abbiamo appena descritto. Inevitabilmente, il primo e parte del secondo, spaventati dalla politica di redistribuzione, entreranno in conflitto con il [possibile] governo del NFP. Quest’ultimo, come nel periodo 1981-1983 e durante il quinquennio di Hollande, subirà la pressione delle classi dominanti che, sentendosi attaccate, risponderanno attraverso la fuga di capitali e il ricatto sull’occupazione.
Sebbene la Banca Centrale Europea (BCE) abbia ora i mezzi per contrastare una vera crisi del debito pubblico, abbiamo visto nel caso della Grecia dieci anni fa come questa istituzione potrebbe non essere così politicamente neutrale come pretende di essere. Francoforte potrebbe esercitare pressioni su Parigi e, anche in questo caso, la BCE dovrà assumersi le proprie responsabilità.
Lo stesso varrà per Bruxelles. La bozza del NFP insiste sul rifiuto dell’austerità e delle nuove regole di bilancio europee. Ma, ancora una volta, questo significa non sottomettersi alle richieste della Commissione e accettarne le conseguenze. La Francia è un paese chiave dell’eurozona e una fonte essenziale di materia prima per i mercati finanziari.
Una crisi del debito francese potrebbe trasformarsi in una crisi finanziaria generale. Sarà quindi necessario mantenere la rotta e non cedere al panico e alle pressioni. Per farlo, sembra essenziale costruire un forte movimento sociale che sostenga questa politica e sia consapevole dei sacrifici che devono essere fatti per costruire un futuro sostenibile al di fuori del neoliberismo.
C’è un altro ostacolo in questo progetto. Esso infatti scommette sulla possibilità di un “capitalismo verde e sociale”. È questo che rende il progetto autenticamente socialdemocratico: mira a dare al sistema attuale la possibilità di diventare, con il sostegno dello Stato, più virtuoso dal punto di vista sociale e ambientale. Il progetto non menziona alcun piano per andare oltre la crescita come orizzonte, né alcun rafforzamento significativo del potere dei lavoratori (o addirittura dello Stato).
Tuttavia, si ipotizza che questo progetto vada oltre i limiti del capitalismo attuale e che sia necessaria una trasformazione molto più profonda del sistema economico per affrontare le crisi ecologiche e sociali, in particolare mettendo in discussione la logica dei bisogni capitalistici e dell’accumulazione del capitale stesso. In tal caso, quale strada sceglierà questa alleanza politica? Qualsiasi ritorno al passato significherà un aggravamento dello sfruttamento della natura e del lavoro.
L’urgenza di queste elezioni legislative ha portato l’alleanza di sinistra a privilegiare un progetto che attenua le sue divergenze interne sull’economia, in particolare sulla questione della crescita, essenziale per affrontare le crisi attuali. Ma l’esercizio del potere riporterà inevitabilmente in primo piano queste questioni. La sfida sarà allora quella di costruire un nuovo compromesso che permetta di affrontare queste difficoltà.
Va notato, tuttavia, che queste difficoltà, contrariamente a quanto spesso si sente dire, non sono un segno dell’irrealismo della politica proposta, ma piuttosto del fatto che le priorità indicate permettono di confrontarsi realmente con la situazione concreta del capitalismo contemporaneo. Si tratta quindi di una scelta difficile ma profondamente realistica. L’opzione neoliberista, invece, fa credere che facilitando l’accumulazione del capitale si risolvano tutti i problemi sociali ed ecologici.
Il progetto del Nouveau Front Populaire non è quindi la caricatura che ne fanno i suoi oppositori. Ma se consideriamo che il suo spirito è la priorità data alla risoluzione della doppia crisi ambientale e sociale, il suo principale ostacolo risiede molto più nella sua determinazione politica che in presunte leggi economiche immutabili.
* articolo apparso su www.mediapart.fr il 14 giugno 2024